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XXV – Nasce l’Unione Eurasiatica

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Sotto la guida di Putin la politica estera russa si è indirizzata verso la costruzione di un ordine multipolare in grado di neutralizzare il tentativo statunitense di egemonia mondiale. In questo quadro, riveste una particolare importanza il progetto di integrazione dello spazio postsovietico, che assegna all’Unione Eurasiatica un ruolo di baricentro del Continente e di connessione tra l’Europa e l’Estremo Oriente.

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GEOFILOSOFIA DELL’EURASIA

Più che come l’arte del possibile, la politica è definibile come l’arte di rendere possibile ciò che è necessario, qualora si intenda per necessario ciò di cui l’uomo ha bisogno per tradurre in atto la propria essenza. Attraverso una riconsiderazione dei concetti di legalità e legittimità, di patria e popolo, di nazione e Stato, l’autore individua l’oggetto specifico della politica nel perseguimento del bene comune, inteso come felicità del popolo e grandezza della nazione.

Se da un lato Nietzsche ha indicato come fenomeno di “décadence” le astrazioni mondialiste, dall’altro ha denunciato nel nazionalismo la manifestazione di una “piccola politica” che rischia di perpetuare la divisione dell’Europa in staterelli insignificanti. Ma Nietzsche ha anche affermato, fin dall’epoca della “Nascita della tragedia”, la complementarità dell’Europa e dell’Asia, mentre in “Al di là del bene e del male” ha definito l’Europa come “penisoletta avanzata” dell’Asia. Per dare un’idea di questa dimensione del pensiero nietzschiano, l’autore dell’articolo esamina il rapporto di Nietzsche con alcune delle più importanti forme tradizionali (induismo, mazdeismo, buddhismo, islam) che hanno plasmato la civiltà del Continente eurasiatico.

DOSSARIO: VERSO L’UNIONE EURASIATICA

L’Unione Eurasiatica voluta da Vladimir Putin non è soltanto un’iniziativa economica, anche se il presidente insiste sull’economia. In realtà essa nasce da una visione che fa riferimento a tre principi fondamentali: il primo è quello della costruzione di un mondo multipolare, il secondo è quello dell’integrazione dello spazio postsovietico, il terzo è rappresentato da un modello ispirato nostra specifica via di sviluppo. L’adozione della prospettiva eurasiatista comporterà, in alternativa al modello liberale di modernizzazione, l’edificazione di una potenza eurasiatica fornita di sue peculiarità sociali e di suoi specifici principi e valori.

Al di là dei risultati delle prossime elezioni presidenziali, le prospettive politiche della Russia odierna si stanno lentamente riducendo a due. Da un lato il rilancio della cosiddetta “idea socialista russa”, vale a dire dell’industria, dell’agricoltura, dell’esercito, della difesa militare, sociale e culturale del Paese; dall’altro l’ingresso nel vicolo cieco del liberalismo, che in pochi anni porterebbe a compimento quel declino della società che è stato bloccato da Putin nei primi anni del suo doppio mandato presidenziale. Qualora avesse a verificarsi questa seconda ipotesi, si avrebbe un progressivo sfaldamento geopolitico del territorio federale russo, di fronte al quale persino un progetto importante come l’Unione Eurasiatica si ritroverebbe confinato in una grottesca condizione di impotenza strategica.

La scomparsa dell’URSS ha provocato una profonda rottura psicologica nel cuore del popolo russo e della sua dirigenza. La Russia ha perso il suo statuto di superpotenza per divenire una semplice potenza regionale, minacciata ai suoi confini da Stati politicamente instabili e potenzialmente ostili. Questo declino geopolitico è stato tanto più doloroso in quanto la potenza russa è stata considerabilmente indebolita da una politica di destabilizzazione condotta, dagli anni ’60, dall’America, che dalla caduta dell’URSS ha ricavato l’opportunità per rafforzare il suo unilateralismo armato. La fase postcomunista coincide dunque con la rifondazione identitaria di un nuovo Stato russo costretto a ridefinire i suoi interessi nazionali e la sua collocazione sulla scena mondiale. Per Mosca si tratta dunque di passare ad una visione meno ideologica delle relazioni internazionali e di definire il suo statuto postsovietico.

La politica d’interferenza statunitense nello spazio postsovietico si inscrive nella strategia del riflusso (roll back) della potenza russa caldeggiata dallo stratega americano Z. Brzezinski. Quest’ultimo ha dichiarato senza ambiguità che “per gli Stati Uniti è giunta l’ora di formulare e di mettere in campo una geostrategia complessiva a lungo termine riguardante l’Eurasia”. Ma, in modo più generale, questa strategia si oppone all’emergere di una potenza di prima grandezza nell’Eurasia postcomunista, come ha precisato lo stesso Brzezinski: “L’interesse principale dell’America è (…) di garantirsi che nessuna potenza unica prenda il controllo di quello spazio geopolitico e che la comunità internazionale possa godervi di un accesso economico e finanziario illimitato”.

L’impatto dell’attuale crisi finanziaria sull’economia e sulla società russa è molto diverso da quello verificatosi nel 1998. Allora, la popolazione era stata direttamente a confronto con la realtà della crisi attraverso la chiusura delle banche, la cessazione dei pagamenti, un forte rialzo dei prezzi ed il crollo del tasso di cambio. Oggi, ad eccezione di un’infima minoranza detentrice di beni mobiliari (meno dell’1% della popolazione), è innanzitutto tramite la televisione che la società prende coscienza della crisi. Ciò non vuol dire che quest’ultima in Russia sia puramente virtuale, ma è chiaro che i suoi effetti non hanno niente a che vedere con il trauma del 1998.

Tra le potenze BRICS, sono attualmente tre quelle che possiedono una capacità strategica, in quanto sono in grado di sviluppare, costruire e dispiegare un arsenale che comprende armi di distruzione di massa e i relativi vettori per poterle impiegare: la Federazione Russa, la Repubblica Popolare di Cina e Unione Indiana. L’autore fornisce una sintetica panoramica dell’arsenale strategico della Russia, passando in rassegna le forze missilistiche strategiche, la flotta sottomarina con le sue basi, l’aviazione strategica, i missili balistici e i missili da crociera.

L’espansione della NATO verso est è stata accompagnata alle “rivoluzioni colorate” nel Caucaso e nell’Asia centrale, mentre l’accerchiamento della Russia è proseguito con l’installazione dello scudo antimissilistico alle frontiere del paese. Al suo stesso interno, la Russia è bersaglio di una pressione che mira allo smembramento del paese, in significativa conformità col progetto di Z. Brzezinski. Perciò non bisogna stupirsi se le associazioni per i “diritti umani” che operano in Russia, associazioni spesso animate da intenti secessionisti, figurano nell’elenco dei gruppi finanziati dal National Endowment for Democracy, un organismo dipendente dal Dipartimento di Stato USA che controlla numerose ONG nel mondo intero.

Fin dalla fine della presidenza di Boris Eltsin, la Federazione Russa si è centralizzata sempre più, contrariamente al desiderio statunitense di vedere una confederazione russa tenuta insieme da vincoli blandi e dotata di un debole centro di gravità. Nonostante le riforme di Vladimir Putin che hanno ridotto il regionalismo, nell’identità nazionale russa ci sono ancora delle contraddizioni che potrebbero ampliare le fessure esistenti nella Federazione Russa. In questo contesto, identità e patriottismo sono stati usati per affermare il controllo sulle linee di confine dello Stato russo. Ciò ha portato a riflettere sull’identità e la gloria sovietiche della Russia, perché la Russia occupava un posto centrale nella struttura dell’URSS. Adesso Mosca sta assumendo un ruolo centrale nello spazio postsovietico, essendo il motore della reintegrazione di tale spazio. Dopo lunghi preparativi, questo processo d’integrazione sta avanzando con la creazione dell’Unione Eurasiatica voluta dal Cremlino e dai suoi alleati bielorusso e kazako.

Il programma presidenziale definitivo di Putin sarà reso pubblico solo al momento opportuno, qualora egli esca vittorioso dalla gara elettorale. Tuttavia la bozza già pubblicata e il recente articolo di Putin su “Izvestia” rivelano i punti cardine della visione di Putin. Si tratta di una strategia per lo sviluppo della civiltà russa, che, tra le altre cose, prevede la difesa e il rafforzamento dei valori spirituali fondanti dell’identità russa e l’adozione di un nuovo sistema educativo per bambini e adolescenti.

Dopo la catastrofe geopolitica seguita all’implosione dell’URSS e al saccheggio delle risorse del paese da parte degli oligarchi all’ombra della presidenza Eltsin, l’avvento di Putin ha aperto un’era di stabilità che ha consentito di ripristinare il potere dello Stato all’interno e il ruolo della Russia all’esterno. La politica estera russa sotto la guida di Putin è stata improntata alla costruzione di un ordine multipolare che potesse neutralizzare il tentativo egemonico statunitense. A questo fine Mosca ha cercato di reintrodurre l’equilibrio di potenza nelle relazioni internazionali grazie alla costruzione di intese strategiche con Cina, India, Iran, e con i paesi dell’America indiolatina. Particolare importanza riveste il tentativo di ricomposizione dello spazio sovietico, tramite la costruzione di un’integrazione eurasiatica con la Bielorussia e con il Kazakistan e il ritrovato ruolo giocato dal Cremlino nel cruciale “Grande gioco” dell’Asia centrale.

Il principale oggetto dello studio descrittivo degli scienziati eurasiatisti l’oggetto è l’Eurasia, che Trubeckoj considera una “persona collettiva” intimamente unita al suo ambiente fisico. L’obiettivo del lavoro comune degli scienziati eurasiatisti è di giungere ad una sintesi filosofica e scientifica che determini non solo il senso, ma tutto l’orientamento del lavoro collettivo nonché di ogni studio particolare. Tuttavia il compito scientifico dell’eurasiatismo non si limita allo studio descrittivo dell’Eurasia. Accanto alle investigazioni teoriche sono necessari anche studi applicati, tali da stabilire quali condizioni politiche, sociali ed economiche siano le più propizie alla vita e all’evoluzione della “persona collettiva” eurasiatica.

L’avvento di Medvedev al Cremlino ha consentito alla Russia di rassicurare gli investitori internazionali circa la “strategia economica cinese” perseguita da Vladimir Putin: quella di un capitalismo di Stato che, salvaguardando la sovranità nazionale, occupi sempre più spazi geoeconomici nell’arena globale a danno dell’influenza statunitense. Ottenuto l’obiettivo strategico di entrare nell’OMC, Putin e Medvedev possono ora nuovamente scambiarsi i ruoli. In quest’ottica, il peso dell’Italia è stato molto importante, perché il nostro paese si è sempre posto come interlocutore privilegiato e come mediatore tra Russia ed Europa anche nei momenti di più intensa russofobia. È la cooperazione energetica ENI-Gazprom il fulcro di questa sinergia, alla quale si affiancano i numerosi accordi economico-commerciali sfociati nel 2011 nell’Anno di Amicizia Italia-Russia. Nonostante l’opposizione di Washington e il suo tentativo di spezzare il quadrilatero energetico Mosca-Roma-Algeri-Tripoli, culminato nell’aggressione militare alla Jamahiriya Libica, Roma e Mosca possono ancora considerarsi grandi interlocutori strategici, per cui difficilmente questo rapporto privilegiato terminerà nel 2012.

Il Kazakhstan è oggi una potenza emergente sullo scacchiere internazionale. Epicentro della regione-perno o Heartland, questo paese è un centro di gravità eurasiatico che ha davanti a sé realistiche prospettive planetarie. Modello di sintesi fra tecnologia europea e cultura orientale, il Kazakhstan si sta muovendo su una linea multivettoriale, ispirata ai principi della tolleranza, dello sviluppo interculturale e dell’armonia interreligiosa. In altre parole, è un paese maturo per muovere il passo dal paradigma della competizione globale al paradigma della responsabilità globale. In tutto questo, è fondamentale il ruolo protagonista del presidente Nazarbaev: l’Unione Eurasiatica, della quale qualche anno fa egli aveva perfino proposto la valuta, rappresenta la realizzazione di un progetto transnazionale per l’esportazione di questo modello.

Gennadij Zjuganov presenta una sintetica panoramica del pensiero geopolitico russo, riconducendone i presupposti alla celebre formula del monaco Filofej: “Mosca è la terza Roma” ed affermando che i fattori religiosi hanno svolto un ruolo eminente nella storia della Russia, sicché nelle concezioni geopolitiche di questo paese lo spirito ha svolto un ruolo preminente rispetto al semplice interesse materiale. Diversamente dalle concezioni geopolitiche dei popoli occidentali, che hanno avuto come ispirazione la sola volontà di dominio, la geopolitica russa si è posta l’obiettivo principale di portare ai popoli la luce della verità divina: mentre in Occidente hanno avuto fortuna le teorie geodeterministe, i sovrani russi hanno cercato di risolvere le questioni di espansione territoriale orientandosi secondo l’insegnamento ortodosso.

A partire dalla metà del XVII secolo, la logica dello sviluppo russo è stata subordinata alla soluzione di due compiti essenziali, oggettivamente assegnati allo Stato: l’accesso sicuro al mare e la sicurezza delle frontiere. Questi stessi scopi sono oggettivamente assegnati alla Russia d’oggi; ma la situazione attuale è complicata dal fatto che la Russia deve passare attraverso tre fasi per poter recuperare il suo naturale statuto geopolitico. La prima fase è quella del consolidamento interno. La seconda è quella dell’unificazione dei territori. Solo così la Russia potrà pervenire alla terza ed ultima fase, che consisterà nella realizzazione dell’obiettivo geopolitico fondamentale: il controllo sullo Heartland.

CONTINENTI

Di fronte alle novità geopolitiche di grandezza epocale di cui è apportatore il secolo XX, l’autore si domanda se l’America Latina possa trasmettere un suo specifico contributo ad un mondo multipolare, che affermerà e sottolineerà le differenze, le diversità e le pluralità. Egli ritiene che, perconseguire un tale scopo, sia indispensabile recuperare l’esercizio del pensiero strategico, al fine di riscattarlo e renderlo capace di far fronte alle molteplici sfide della globalizzazione. L’argomentazione si articola dunque in tre parti, tre veri e propri saggi, il primo dei quali (“Approssimazioni teorico-pratiche”) si prefigge di mettere in luce l’importanza del pensiero strategico e dell’azione strategica. L’autore effettua preliminarmente una panoramica storica della strategia, dalla prospettiva in cui prende forma una teoria generale della guerra; quindi egli colloca la strategia, in quanto metodo di ragionamento, nel campo dell’azione sociale.

Le rivelazioni del sito Wikileaks sui retroscena della diplomazia mondiale sono stati descritti dai regimi occidentali come una “minaccia per l’autorità e la sovranità democratiche” e come “terrorismo della rete informatica”. Ma ad un’indagine attenta l’affare Wikileaks conferma che il potere mondialista progetta esso stesso di costruirsi un’opposizione, sottoponendo la dissidenza al proprio controllo onde poter annientare le condizioni di emergenza di un soggetto di trasformazione del reale. L’affare Wikileaks ci rivela il carattere totalitario della struttura mondialista, la quale dispone della capacità di produrre l’immagine del proprio negativo e di operare così il rifiuto di ogni opposizione. Creare una contestazione virtuale è doppiamente produttivo per il potere, perché in tal modo i popoli diventano vittime di una psicosi, ogni forma di lotta viene preventivamente destrutturata, e il processo di controllo della rete si perfeziona.

Successivamente al terremoto geopolitico prodotto dalla seconda guerra mondiale, con la conseguente formazione di nuovi equilibri e squilibri di potere, vede la luce il sistema politico che, con profonde modifiche, è arrivato fino ai nostri giorni. Il cuore pulsante di questo sistema, guidato dai vincitori della guerra mondiale, è il concetto di sviluppo elaborato compiutamente dal 1945 in avanti.

INTERVISTE

In Bielorussia il KGB rimane la più importante istituzione statale incaricata di proteggere l’ordine costituzionale. Il Presidente del Comitato per la Sicurezza dello Stato della Bielorussia, luogotenente generale Vadim Zaitsev, riferisce di alcuni dei risultati conseguiti dall’attività del KGB.

Nel dicembre scorso l’Associazione di amicizia italo-abkaza, di cui è presidente il sociologo marchigiano Mauro Murgia, si è trovata al centro di quella che la stampa (non solo italiana) ha definita “una piccola crisi diplomatica”. Ciò è avvenuto in seguito alle proteste dell’ambasciata georgiana di Roma per l’intensa attività di collaborazione con l’Abkazia svolta da Mauro Murgia e dall’associazione da lui diretta.

DOCUMENTI

Una scelta di brani da documenti relativi al Patto Ribbentrop-Molotov: 1) dal Rapporto dell’ambasciatore polacco a Washington, conte Jerzy Potocki, del 21 novembre 1939; 2) dall’ordine telegrafico di Ribbentrop all’ambasciatore tedesco a Mosca, 14 agosto 1939; 3) Lettera di I. V. Stalin ad A. Hitler, 21 agosto 1939; 4) dal libro di memorie di Joachim von Ribbentrop; 5) dall’articolo di I. V. Stalin sui “Responsabili dello scoppio della guerra” apparso sulla “Pravda” il 30 novembre 1939.
Testo integrale del discorso pronunciato il 27 settembre 2011 dal Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Bielorussia durante la 66a sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU.
In questo articolo, apparso nel novembre 1968 sul n. 29 de “La Nation Européenne” , Jean Thiriart svelava i retroscena della “primavera di Praga” e indicava all’URSS il compito di sottrarre l’Europa occidentale abbandonando la politica di Jalta ed offrendo all’Europa la possibilità di costituirsi come entità politica unita e indipendente.

RECENSIONI

S. Baier – E. Demmerle, Otto d’Absburgo. La biografia autorizzata (Claudio Mutti)

M. J. Cereghino – G. Fasanella, Il golpe inglese (Claudio Mutti)

P. Filippani Ronconi, Zarathustra e il mazdeismo (Claudio Mutti)

Ermanno Visintainer, Ahmed Yassawi. Sciamano, sufi e letterato kazako (Claudio Mutti)

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