Nel 1966, parlando della Sicilia, Fernand Braudel la descriveva come un “continente in miniatura”, definizione che, anche prescindendo da considerazioni di carattere storico-culturale, trova riscontro nella straordinaria varietà geologica, di clima e di rilievi che contraddistingue la più grande isola del Mediterraneo. Periferia meridionale dell’Italia e di un’Europa saldamente imperniata sull’asse franco-tedesco, la Sicilia è in realtà caratterizzata da un’intrinseca centralità geografica, che ne ha fatto nel corso dei secoli terra di conquista da parte di greci, fenici, romani, vandali, ostrogoti, bizantini, arabi, normanni, francesi, spagnoli, piemontesi, austriaci e nuovamente spagnoli fino all’annessione, nel 1861, al Regno di Sardegna.

Situata a metà strada tra lo Stretto di Gibilterra ed il Canale di Suez, la Sicilia è parte integrante sia dell’Europa che dell’Africa, appartenendo prevalentemente alla prima da un punto di vista geografico e alla seconda da un punto di vista geologico. La sua collocazione al centro del Mediterraneo, bacino sul quale, almeno fino alla scoperta dell’America, si affacciavano le principali civiltà del mondo allora conosciuto, spiega anche il ruolo di primo piano svolto dalle elite siciliane all’interno dei popoli avvicendatisi nel dominio dell’isola. Se lo scienziato e matematico siracusano Archimede e il filosofo, poeta e scienziato agrigentino Empedocle sono considerati tra i maggiori geni che la civiltà greca abbia espresso, non meno importante è stato il contributo fornito da un altro siciliano, Jawhar al-Siqilli, allo sviluppo della civiltà islamica: conquistatore del Nordafrica per conto della dinastia fatimide, il generale ibleo fu anche il fondatore della città del Cairo, nonché della prestigiosa Università al-Azhar, tra le più antiche al mondo ancora funzionanti. Un sodalizio, quello tra la Sicilia e l’Islam, che al di là dei momenti di scontro vide il rifiorire dell’isola sotto gli arabi, i quali, più di ogni altro popolo, seppero percepirne la centralità. Significativa in tal senso è una testimonianza secondo la quale una fontana araba in Sicilia recava la seguente iscrizione: “Sono nel centro del giardino, questo giardino è il centro della Sicilia, e la Sicilia è il centro del mondo”.

La centralità della Sicilia, che gli arabi continuarono a considerare componente inalienabile del mondo islamico anche in seguito alla conquista normanna dell’isola, è strettamente legata a quella del mare in cui quest’ultima è incastonata. Delimitato ad ovest dallo Stretto di Gibilterra e ad est dal Canale di Suez, il Mediterraneo è un lago del Continente Antico, mettendo in comunicazione le coste meridionali dell’Eurasia con quelle nordafricane, all’interno di uno spazio geopolitico di cui anche la Russia fa parte, in quanto bagnata dalle acque del Mar Nero, che del Mediterraneo costituisce la naturale continuazione. Da qui la caratterizzazione di mediterraneus, “in mezzo alle terre”, affibiata dai romani e poi ripresa dagli arabi, che ribattezzarono il Mare Nostrum al-Baḥr al-Abyaḍ al-Mutawassiṭ, “Mar Bianco di Mezzo”.

Se consideriamo il ruolo del Mediterraneo come via di comunicazione globale tra l’oceano Atlantico, di cui costituisce un mare interno e l’oceano Indiano, ci rendiamo conto di come questo bacino sia in realtà il nucleo di un “Mediterraneo allargato”, talvolta denominato “Cindoterraneo”, che passando per Suez consente un flusso incessante di merci, persone e capitali dalla Cina e dall’India fino in Europa. Da qui l’importanza della Sicilia, che di tale nucleo costituisce il crocevia. Parafrasando Mackinder in un’ottica marittima, potremmo affermare che “chi controlla la Sicilia controlla il Mediterraneo; chi controlla il Mediterraneo controlla il Cindoterraneo; chi controlla il Cindoterraneo controlla il mondo intero”. Non a caso il controllo geopolitico della Sicilia è stato una delle chiavi della supremazia anglosassone degli ultimi tre secoli, un controllo ottenuto dagli inglesi nell’Ottocento mediante il sostegno di Londra all’unificazione italiana e rafforzato, in seguito alla seconda guerra mondiale, dall’adesione dell’Italia alla NATO. Peraltro, la dimensione globale del Mediterraneo risale a prima che il Canale di Suez, la “giugulare dell’occidente”, venisse inaugurato. Per secoli, infatti, le merci provenienti via mare dall’Asia sud-orientale attraverso la cosiddetta “Via dell’incenso” raggiungevano il Delta del Nilo alternando gli itinerari terrestri lungo il Deserto orientale alla navigazione fluviale a nord della Prima Cateratta, un sistema analogo a quello che ha consentito al mar Caspio, mare chiuso per antonomasia, di connettersi con il mar Nero e di conseguenza con il Mediterraneo attraverso i corsi, entrambi navigabili, del Don e del Volga.

L’appartenenza della Sicilia all’Italia, di cui costituisce la regione più grande e popolosa, ha rappresentato un freno allo sviluppo delle potenzialità geopolitiche dell’isola, che se fosse indipendente potrebbe rivendicare, non senza fondamento, la sovranità su Malta. Seguendo una logica paradossale che ha sempre caratterizzato la storia di questa terra, va rilevato che è stata la sua conquista da parte di un esercito straniero, quello statunitense nella fattispecie, ad averne rispolverato l’importanza strategica. Oggi, con le sue sedici basi NATO, la Sicilia è uno dei principali avamposti dell’impero americano, un ruolo destinato a rafforzarsi con la costruzione della stazione di terra di Niscemi del MUOS, il super sistema di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense e la trasformazione della base aerea di Sigonella nella principale base operativa dell’AGS, il programma interforze NATO di sorveglianza aerea del territorio. Quello di Washington per la Sicilia è un interesse che parte da lontano, allorché, all’indomani della resa di Cassibile, alcuni settori dell’amministrazione statunitense, con la complicità di Cosa Nostra, presero in considerazione la possibilità che l’isola si separasse dall’Italia per unirsi agli Stati Uniti come suo cinquantesimo stato. Un progetto simile sarebbe stato accarezzato, alcuni decenni più tardi, anche dal colonnello Gheddafi, che ipotizzò l’annessione della Sicilia alla Jamāhīriyya libica.

L’attenzione per la Sicilia è dunque un fenomeno di lunga data, che ha accomunato, nel corso della storia, popoli anche molto diversi tra loro. Tutto ciò contrasta con la scarsa consapevolezza che i siciliani hanno dell’importanza strategica della propria terra, spesso ritenuta periferica rispetto agli interessi delle principali potenze. Come dimostra il crescente attivismo militare nel Mediterraneo da parte non soltanto degli Stati Uniti, ma anche della Russia e, in misura minore, della Cina, la Sicilia ha invece tutte le carte in regola per giocare un ruolo primario nella ridefinizione degli equilibri mondiali a partire da questo quadrante del globo. Per fare ciò è tuttavia necessario che la classe dirigente italiana prenda coscienza degli interessi del nostro paese in quanto potenza non soltanto europea, ma più propriamente eurafricana, attributo, quest’ultimo, che l’Italia deve proprio a quel suo piccolo, grande continente chiamato Sicilia.

* Giovanni Valvo è un analista geopolitico indipendente specializzato in questioni eurasiatiche.


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