Il terzo grande ponte sul Bosforo – dopo il Boğazıcı Kőprűsű del 1973 e il Fatih Sultan Kőprűsű del 1988 – sarà costruito dall’italiana Astaldi in collaborazione con la turca Içtaş.

Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti Yıldırım, precisando che i lavori inizieranno a fine anno e che dureranno circa 36 mesi; il progetto – del valore di oltre due miliardi di euri – prevede quattro corsie per ogni senso di marcia e un percorso ferroviario.

Un esempio di grande investimento strutturale reso possibile dall’intervento pubblico libero dal cappio usuraio del “debito pubblico” (fra l’altro passato in Turchia dal 110 % del 2001 al 45 % del 2009).

In Italia, come mostra la ricerca del CENSIS “Tornare a desiderare le infrastrutture” (marzo 2012), il periodo nero per le grandi opere è iniziato con gli anni Novanta del secolo scorso, in corrispondenza delle prime revisioni di spesa e dello smantellamento dello Stato sociale nel nome della globalizzazione e della “libertà dei mercati”: la mancanza di fondi pubblici da destinare a un’effettiva crescita produttiva si specchia nel progressivo ritirarsi dello Stato dalla scena economica.

Registriamo nella ricerca del CENSIS le seguenti considerazioni:

(p.9) “Quel 1992 è l’anno in cui è suonato anche l’allarme per i conti dello Stato e l’indebitamento pubblico ha superato il 100% del Pil. Inoltre, le politiche basate sul deficit spending subiscono il primo arresto significativo. Da quel momento la spesa pubblica è stata soggetta a una continua revisione per il suo contenimento e parallelamente si è andata esasperando la competizione per catturare risorse finanziarie pubbliche

(p. 17) “In effetti, nella prima metà degli anni ’90 la componente in conto capitale è stata duramente penalizzata per una politica di bilancio orientata al rispetto degli impegni comunitari. Una problematica che si è riproposta a partire dal 2009, complici i primi decreti ‘anticrisi’ e che sembra amplificarsi negli attuali scenari di debolezza dei bilanci pubblici”.

Indipendentemente dal giudizio sulle singole scelte infrastrutturali (da valutare e non necessariamente sempre condivisibili, ovviamente), il quadro generale risulta veramente negativo, contraddistinto da un blocco diventato fisiologico in un organismo sclerotizzato: e il lavoro italiano prende la strada del Bosforo, senza che la politica “occidentale” abbia neppure tracciato i lineamenti di una comunità di intesa fra Italia/Europa e Turchia.


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Aldo Braccio ha collaborato con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” fin dal primo numero ed ha pubblicato diversi articoli sul relativo sito informatico. Le sue analisi riguardano prevalentemente la Turchia ed il mondo turcofono, temi sui quali ha tenuto relazioni al Master Mattei presso l'Università di Teramo e altrove. È autore dei saggi "La norma magica" (sui rapporti fra concezione del sacro, diritto e politica nell'antica Roma) e "Turchia ponte d’Eurasia" (sul ritorno del Paese della Mezzaluna sulla scena internazionale). Ha scritto diverse prefazioni ed ha pubblicato numerosi articoli su testate italiane ed estere. Ha preso parte all’VIII Forum italo-turco di Istanbul ed è stato più volte intervistato dalla radiotelevisione iraniana.