Recentemente è stato reso noto il nuovo accordo tra Brasile e Francia, secondo il quale il primo sborserebbe più di 1200 milioni di dollari per l’acquisto di tecnologia militare di ultima generazione. Ciò non costituisce notizia in uno scenario regionale nel quale negli ultimi anni, in sostanza, c’è una corsa verso l’acquisto di materiale militare d’avanguardia da parte di tutti i paesi. Sebbene sia importante la magnitudine con la quale si presenta questo accordo, storico per il Brasile, ciò che più richiama l’attenzione è l’indifferenza di alcuni governi della regione sull’argomento.

Elenchiamo alcune considerazioni sulla regione da tenere in conto in questo contesto di riarmo: le dottrine di difesa dei paesi della subregione sudamericana si riversano verso la difesa delle risorse naturali, presenti in abbondanti quantità, contro un aggressore esterno con maggiori capacità. In questa forma, per quanto concerne lo scontro terrestre, le Forze Armate si adattano al combattimento su grandi spazi, ma in gruppi di dispiegamento veloce e forze speciali versatili, con capacità di eseguire “colpi di mano”. Un esempio di ciò, sono le nuove unità di fanteria mobile che il Brasile è in procinto di dispiegare nell’Amazzonia, come parte della sua dottrina strategica di Difesa [1]. D’altra parte, seguendo questo parametro di combattimento in spazi estesi, sono anche presenti programmi per l’acquisto di carri armati con tecnologia d’avanguardia, tali come i 350 Leopard II tedesco, acquistati dall’esercito cileno, con la capacità di compiere traiettorie di tiro a una distanza effettiva di 4 Km con un cannone da 120 mm e con munizioni capaci di perforare il blindaggio del rivale. A tutto questo si aggiungono gli acquisti di aeronavi di ultima generazione da parte di Cile, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Brasile e persino la Bolivia, paese che ha acquistato dei caccia in Cina, dopo il rifiuto degli Stati Uniti nel materializzare un accordo con la Repubblica Ceca [2].

La cosa che più richiama l’attenzione è che, mentre le dottrine cambiano, e la maggioranza dei paesi si riarmano secondo le proprie concezioni, esistono degli altri, dove si presentano incoerenze disastrose. Ci riferiremo al caso particolare dell’Argentina, la quale ha adottato, al pari del Brasile, una dottrina di difesa delle risorse naturali strategiche, precisamente, dell’acquifero Guaraní e dei Campi di ghiaccio Patagonici Meridionali (volgarmente conosciuti come ghiacciai continentali), per via dei quali ha modificato la distribuzione dei corpi dell’esercito. Ma, diversamente dal resto dei paesi sudamericani, l’Argentina non ha investito un solo dollaro nella modernizzazione dell’apparato militare, tranne che nel caso di 3 aerei per il trasporto di passeggeri dell’aerolinea statale LADE. È vero che esistono necessità urgenti come le opere pubbliche, la salute e l’educazione, ma un paese in cui il governo investe un miserrimo 0,8% del PIL [3] nella Difesa e preferisce spendere più di 600 milioni di pesos annui (162 milioni di dollari approssimativamente) per trasmettere le partite di calcio gratis, invece di evitare di giungere a un punto di non ritorno nel quale si trovano, attualmente, le Forze Armate argentine per via dell’obsolescenza del materiale, dovrebbe pensare all’importanza di possedere un apparato di difesa credibilmente dissuasivo in un mondo che tende ogni giorno di più verso le guerre per le risorse (e nel quale il Sudamerica sarà, prevedibilmente, uno scenario di conflitto del XXI secolo), ed è di vitale importanza rendere consapevole la popolazione e, in modo particolare, i poteri esecutivi e legislativi sulle conseguenze di questa problematica.

A sua volta, quanto detto in precedenza dimostra l’ingenuità del governo argentino quando pensa che essere pacifista significa non investire nella Difesa, se è vero che questo sia il motivo per il quale il governo non investe in questo settore, giacché non è la stessa cosa: non si deve confondere il pacifismo ingenuo, nel quale il nostro governo in apparenza è pervenuto [4], dal pacifismo propriamente detto, secondo il quale uno Stato sarà pacifista nella misura in cui le sue capacità militari siano sufficientemente forti da consentire di farlo sentire sicuro di se stesso e far sentire sicuro il suo vicino, il che non significa che affinché il vicino si senta più sicuro, bisogna ridurre gli armamenti. D’altra parte, non possiamo ignorare che nella regione esistono ipotesi di conflitto, come ha affermato la nostra ministro della DIFESA, Nilda Garré, dopo il summit dei presidenti dell’UNASUR tenutosi a Bariloche. Esistono ipotesi di conflitto tra Cile e Perù per il problema limitrofo nell’oceano; tra Colombia, Ecuador, Venezuela e Nicaragua per problemi che vanno da quelli territoriali fino a quelli di potere [5]; tra Venezuela, Stati Uniti e Guyana, per problemi di potere e di delimitazione del territorio, rispettivamente; ecc. Ciò è manifestamente dimostrato. Nemmeno bisogna negare che esistano ipotesi di conflitto segreto, ma quello è un altro tema che non si può affrontare per mancanza d’informazione.

Il problema radica nel demistificare la piega bellicista dell’idea di “ipotesi di conflitto” tra la popolazione e i governanti. Quest’idea, o l’adattamento di un’ipotesi di conflitto, non significa designare “nemico” lo Stato o gruppo con il quale si considera un’ipotesi di questo tipo [6], bensì semplicemente significa “essere preparato per, in caso di …”, avere la strategia e i mezzi disponibili da essere dispiegati immediatamente nel caso in cui fosse necessario. Non si può negare in un paese come l’Argentina, con l’estensione geografica e le copiose risorse naturali, una (o più) ipotesi di conflitto. Ad esempio, il Pentagono ha ordinato ai suoi ricercatori compiere uno studio di tutti gli acquiferi del mondo e il Guaraní è il terzo più grande del pianeta. Quest’informazione è alla portata di qualsiasi persona. Aggiungiamo le sette basi colombiane che i militari americani utilizzeranno per la “lotta contro il narcotraffico e il terrorismo” con l’uso, persino, di aerei AWACS, i cui radar intercettano aeronavi in un raggio di quasi 500Km, coprendo una superficie di 312.000 km2, per il Brasile è qualcosa di molto sgradevole avere quelle aeronavi che operano nella sua frontiera, a questo fatto si devono aggiungere le denunce fatte dagli Stati Uniti alla Triplice Frontiera, considerata punto di finanziamento del terrorismo internazionale, e la base Mariscal Estigarribia in Paraguay, dove potrebbe ospitare militari americani e, già così, avremmo la prima ipotesi di conflitto di Argentina, del bacino del Plata. D’altra parte, la questione delle Malvine e l’Atlantico Sud sono il secondo scenario sul quale il governo dovrebbe lavorare con veemenza. La presenza militare britannica presente nelle isole è uguale alla quantità della popolazione civile stanziata in quel luogo. A ciò gli aggiungiamo la capacità di proiezione britannica dalle isole verso l’Antartide e l’ampliamento delle capacità militari nelle stesse. Nello stesso tempo, quest’anno gli europei hanno manifestato la loro intenzione di insediare una base militare nelle Malvine, con il nullaosta dei britannici, ma nessun presidente dell’UNASUR ha convocato una riunione per condannare quella decisione, contrariamente a quanto avevano fatto con le basi colombiane. Ciò è dovuto alla mancanza di una Politica Estera e di Difesa seria da parte del governo di turno che si sforza di cercare un nemico interno da spiare mediante aerei UAV di ultima generazione, ciascuno dei quali costa più di 12 milioni di dollari di cui il governo argentino sarebbe disposto ad acquistare una certa quantità a Israele, anziché usarli per la lotta contro il narcotraffico nel nord del paese, il quale aumenta giorno dopo giorno. Abbiamo, in questo modo, una seconda ipotesi di conflitto, quella dell’Atlantico del Sud [7].

Per finire, a mio giudizio, non esiste una corsa agli armamenti in senso classico. È vero che uno Stato acquista armi perché il suo vicino lo fa anche. È la logica dell’equilibrio di potere che mantiene la stabilità regionale (e anche mondiale, secondo i casi). Ma, secondo me, quello che sta avvenendo in Sudamerica è un ricambio di materiale bellico eccessivamente obsoleto, sommato all’importanza che i presidenti danno al futuro scenario globale, nel senso che, come sono soliti dire a Itamaraty, un pensiero strategico, a lungo termine, è l’unica forma perché lo Stato e il suo popolo progrediscano e no mediante misure a breve termine. Non è un caso se il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha indicato che “il Brasile è diventato un paese imprescindibile, un gigante di cui il mondo non può non considerare nel momento di affrontare le sfide che ci attendono”. I veri statisti, artefici del progresso dello Stato, sono quelli che possiedono un pensiero strategico nel quale visualizzano lo scenario internazionale che accadrà tra 25 o 50 anni. Juan D. Perón, già negli anni cinquanta, parlava di scenario internazionale per l’anno 2000, nel quale prevedeva le guerre per le risorse che sarebbero sopravvenute e le misure che avrebbero dovuto prendere in quel momento in Argentina e nella regione, per evitare di essere oltrepassati da questi conflitti una volta entrati nel XXI secolo. Non si era sbagliato.

* Matías Alejandro Magnasco , laureato in Rapporti internazionali, frequenta  il Master in Rapporti Internazionali dell’Università Internazionale Tres Fronteras e il Círculo de Legisladores de la Nación. Membro dell’Osservatorio di Colombia del CAEI e del Centro Aeronautico di Studi Strategici.

1.  La quale consta di tre scenari strategici da difendere: l’Amazzonia, con la maggiore biodiversità del pianeta; il bacino del Plata, con l’acquifero Guaraní; e lo scenario dell’Atlantico, con i suoi 50.000 milioni di barili di petrolio che si valutano nel PRESAL.

2.  Non ci dilungheremo sui dati specifici degli armamenti acquistati, giacché non concernono con la sostanza del presente lavoro.

3.  Accordo del quale, in sostanza, l’80% dello stesso si destina ai salari. Bisogna rammentare che un complesso militare industriale, se ben amministrato, crea fonti di lavoro e, se ha la possibilità di esportare, genererebbe un introito di valuta molto importante. Questa è l’idea che si avverte in Brasile con la firma degli accordi con la Francia, ovverosia trasferire tecnologia nel proprio paese e generare indipendenza produttiva.

4. Anche se è necessario chiarire che il mancato investimento nel settore della Difesa risale a circa 30 anni.

5.  Conflitto Barometer. Heidelberg Institute.

6.  Faccio riferimento al termine gruppo, poiché molti Stati hanno ipotesi di conflitto con entità che non sono precisamente Stati.

7.  Per quanto concerne i futuri scenari di conflitto che l’Argentina potrebbe affrontare, valle la pena segnalare che ci sono diversi analisti che affrontano la questione dei “mapuches” come un conflitto in nuce. La questione consiste, così come la riferiscono determinati autori, nell’evitare che questo conflitto aumenti nel tempo fino a diventare un problema maggiore che dia a certe potenze il diritto a intervenire in qualche modo. Questo paragrafo l’ho sviluppato nelle note, poiché il tema dell’articolo si basa sulla “corsa agli armamenti” nella regione.

Fonti:

www.infodefensa.com
www.horaciocalderon.com
La Nación electrónico
Clarín electrónico
Observatorio Cono Sur Defensa y Fuerzas Armadas

(Trad. di Vincenzo Paglione)


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