La rapida crescita economica registrata negli ultimi anni ha portato la Cina ad aumentare significativamente le importazioni di risorse energetiche non rinnovabili il cui approvvigionamento risulta cruciale per lo sviluppo industriale del paese.
Al fine di sostenere le crescenti necessità di approvvigionamento energetico del tessuto industriale locale, la Cina ha elaborato molteplici strategie volte a creare ed intensificare nel tempo i propri rapporti commerciali con paesi esportatori di risorse energetiche.
Un esempio di efficace “diplomazia dell’energia” è rappresentato dalla fitta rete di relazioni politiche e finanziarie tra Cina ed Africa che oggi permette al governo cinese di assicurarsi un continuo approvvigionamento di petrolio dal continente africano grazie alla realizzazione di progetti infrastrutturali e alla predisposizione di canali di finanziamento volti a sostenere e sviluppare le realtà imprenditoriali africane.
Tale fenomeno porta a chiedersi se gli stretti legami economici tra Cina e Africa costituiscano un’opportunità per gli stati africani o, se ancora una volta, la corruzione politica immobilizzerà il paese lasciando spazio allo sfruttamento delle risorse locali.

 
 
 
 
Negli ultimi 40 anni, la domanda energetica globale ha registrato significativi tassi di crescita sostenuti dall’aumento della popolazione mondiale, dal raggiungimento di più elevati gradi di complessità in ambito economico e dall’affermazione di alcuni paesi emergenti che oggi si contendono l’approvvigionamento delle risorse energetiche necessarie a garantire e sostenere un rapido sviluppo industriale (1).
 
 
Un esempio di efficace “diplomazia dell’energia” è rappresentato dall’instaurazione della fitta rete di relazioni politiche e finanziarie tra Cina e Africa che hanno permesso al governo cinese di raggiungere una forte penetrazione nel mercato energetico africano.
In particolare, gli ormai solidi rapporti commerciali tra i due paesi sono il risultato di una complessa strategia basata, al contempo, su una non intromissione negli affari interni degli stati africani – spesso tradottasi nella concessione di prestiti a governi locali corrotti – e su iniziative finalizzate allo sviluppo industriale in Africa che concorrono al pagamento delle importazioni di petrolio da parte della Cina.
 
 

 
 

In particolare, tali iniziative si sono concretizzate nella creazione di canali di finanziamento predisposti da due delle maggiori banche cinesi – la China Development Bank e la China EXIM Bank – specializzate, rispettivamente, nel sostegno alle imprese locali e nella realizzazione di progetti infrastrutturali (2).
 
 
La maggior parte dei flussi creditizi predisposti dalla China Development Bank, veicolati dal China-Africa Development Fund, si sono tradotti sia nell’acquisto di partecipazioni al capitale sociale di alcune aziende africane che nell’erogazione di finanziamenti diretti destinati a piccole e medie imprese nell’ambito di uno specifico programma che, fino ad oggi, ha contribuito alla creazione di circa 1.000 progetti e 50.000 posti di lavoro in 25 stati africani.
 
 

I prestiti erogati dalla China EXIM Bank, attualmente superiori al volume di lending facilities predisposte dalla Banca Mondiale, invece, hanno permesso la realizzazione di numerosi progetti infrastrutturali, anche in paesi ad alta corruzione politica come l’Angola o il Congo dove il governo cinese ha investito, rispettivamente, nella creazione di reti stradali e nella costruzione del Brazzaville International Airport.
 
 
In questo contesto è utile sottolineare come la natura e la tipologia di finanziamenti erogati dalla Cina rispondano non soltanto alla necessità di assicurarsi la disponibilità di petrolio africano, ma anche alla volontà di sostenere specifici ambiti di business associati a sei special economic zones – corrispondenti a Zambia, Egitto, Nigeria, Mauritius, Etiopia ed Algeria – dove si registra una crescente presenza delle imprese cinesi sostenuta dalla prestazione di garanzie governative da parte della Cina e dalla stipulazione di accordi commerciali che prevedono regimi fiscali agevolati che facilitano l’installazione di aziende straniere nel territorio (3), fattore di cruciale importanza per la qualificazione della manodopera africana.
 
 
 
 
 
 
 

Le sei special economic zones individuate dalla Cina in Africa


Fonte: D. Brautigam, T. Xiaoyang, “African Shenzhen:China’s special economic zones in Africa”, J. of Modern African Studies, 49, 1 (2011), pp. 27–54
 
 

Le imprese cinesi operanti in Africa, infatti, impiegano manodopera africana traendo beneficio da condizioni salariali competitive in termini di costo delle risorse umane e facilitando il trasferimento di know how nonché la formazione dei lavoratori locali.
 
 

Alla luce di quanto detto, appare chiaro come gli interessi della Cina in Africa non rispondano unicamente a logiche di approvvigionamento energetico ma anche a specifiche necessità in termini di impiego dei significativi volumi di liquidità provenienti dalle esportazioni cinesi e di instaurazione di solidi rapporti strategici con un potenziale partner commerciale in cui promuovere l’espansione delle aziende cinesi e lo sviluppo della domanda locale.

 
 

Overview dei prodotti cinesi importati dall’Africa

Fonte: UNCTAD

 
 
Infatti, nonostante nell’ultimo decennio le importazioni di fonti energetiche africane da parte della Cina siano aumentate di circa undici volte, fino ad oggi la maggioranza degli stati africani, ad eccezione di Angola e Zambia, ha registrato deficit della bilancia commerciale derivanti da una crescente domanda interna di prodotti manifatturieri cinesi, generalmente venduti a prezzi ridotti e sostenibili per gli standard di vita locali.
 
 

Il significativo e rapido intensificarsi delle relazioni economiche e politiche tra Cina ed Africa, porta a chiedersi se l’espansione cinese costituisca un vantaggio per il continente africano, spesso sfruttato anche dalla stesse economie occidentali (4) .

 
 
Da un punto di vista generale, la concessione da parte della Cina di prestiti a lungo termine a tassi di interesse spesso inferiori a quelli solitamente richiesti dalle organizzazioni internazionali costituiscono una grande opportunità per gli stati africani che potranno assicurare al paese una crescita economica sostenibile sia nel breve che nel lungo periodo solo impiegando i flussi creditizi in progetti volti allo sviluppo di un tessuto industriale diversificato basato sia sull’esportazione di risorse energetiche che sulla realizzazione di prodotti manifatturieri a maggiore valore aggiunto (5).

 
 
Il principale limite allo sviluppo economico dell’Africa è rappresentato, infatti, da una forte instabilità interna dovuta alla corruzione della classe dirigente, alla mancata lungimiranza dei governi locali, alla ridotta trasparenza nell’utilizzo dei finanziamenti ricevuti e alla poco radicata capacità di debt management, fattori che hanno più volte costretto la Cina a rinegoziare le modalità nonché le tempistiche di rimborso dei prestiti al fine di evitare la definitiva cancellazione del debito accordato.

 
 
Alla luce di quanto detto, quindi, è possibile concludere che il forte interesse della Cina per l’Africa si tradurrà in benefici per quest’ultima solo se i governi locali saranno in grado di investire in modo oculato le risorse finanziarie messe a disposizione, promuovendo un profondo cambiamento non solo economico ma anche politico e culturale.

 
 
* Rossana Bianchi, Dott.ssa in Economia e Finanza (Cass Business School di Londra, Regno Unito), è attualmente cultrice della materia di Diritto Bancario presso l’università LUISS Guido Carli e ricopre il ruolo di Financial Business Advisor presso Ernst & Young.


NOTE:

1. Cfr. AA.. VV., “BP Energy Outlook 2030”, London, January 2011. Per maggiori approfondimenti si consulti anche AA. VV., “Oil Market Report”, International Energy Agency,10 February 2012.

2. Cfr. M. Davis, “How China is influencing Africa’s development, OECD Development Center, April 2010.

3. Cfr. D. Brautigam, T. Xiaoyang, “African Shenzhen:China’s special economic zones in Africa”, Journal of Modern African Studies, 49, 1 (2011), pp. 27–54.

4. Cfr. AA. VV., “The Impact of the Chinese Presence in Africa”, Africapractice.

5. Cfr. AA. VV., “Economic Development in Africa – fostering the industrial development in Africa in the new global environment”, UCTAD e UNIDO, 2011.

 


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