E se la cosiddetta “Primavera araba” fosse una farsa per consentire a monarchie come il Qatar di servire al meglio gli interessi delle imprese statunitensi nella regione? Com’è possibile che gli americani vogliono trasformare l’Egitto in un “Emirato islamico”? Come capire che gli Stati Uniti ed i loro alleati in Siria finanziano i “jihadisti” che, con le loro bombe, hanno causato la morte di migliaia di marines americani in Iraq, ma che sono ancora oggi riconosciuti da Obama come i “rappresentanti unici del popolo siriano”? Sono diventati tutti pazzi? Ma no.

Si tratta semplicemente di un diversivo in corso d’opera, ed è in questo contesto che s’inscrive la farsa del Mali, in cui un golpista tipo Ouattara è chiamato a risolvere uno pseudo problema creato dalla NATO e che ha un unico obiettivo: l’Algeria. Rileggete il mio articolo intitolato “Le bugie della guerra in Libia”, del 28 marzo 2011 (www.pougala.org), e capirete perché è stato così facile per me prevedere lo scenario che conosciamo oggi. In Mali, l’Unione Africana è in grado di risolvere il problema da sola, proprio come aveva fatto in Somalia. Domandatevi perché al suo posto s’invoca sempre la ECOWAS, un burattino dell’Unione Europea, per gestire quella che io chiamo la “farsa del Mali”.

Nel frattempo, vi invito a guardare questo video molto ben informato sulla “Primavera islandese”, una “primavera” vera, di cui nessuno parla. E perché? Perché la gente ha capito che il sistema la teneva in ostaggio e così ha reagito come un uomo solo, rifiutandosi, attraverso un referendum, di pagare gli pseudo debiti creati da agenti del sistema piazzati in ogni posizione del potere politico. Questi agenti del sistema sono ovunque in Africa, al potere e all’opposizione. Li si riconoscono facilmente in quanto non potranno mai dire una parola contro il sistema, simboleggiato dal franco CFA e dai contratti-bidone coi paesi europei. I più temerari, che cercano di non rinnovare tali contratti o di andare contro il sistema, diventano rapidamente “dittatori africani”. Basta chiedere a un certo Laurent Gbagbo, che vi saprà dire qualcosa. Nel frattempo, aprite bene gli occhi ed evitate di farvi manipolare.

 
 
Fonte:  “La Voix de la Libye”, 14 dicembre 2012


(traduzione di Enrico Galoppini)


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