Caesar dominus et supra grammaticam
Carl Schmitt

 

Come si legge nel sito dell’Università di Parma[1], il 5 settembre scorso quest’ultima ha siglato con il Comando del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia (NRDC-ITA) un accordo di cooperazione avente come scopo quello di “sviluppare studi e analisi” nei diversi ambiti in cui opera il suddetto Comando. Grazie a questa intesa, fra le altre cose, gli studenti dell’Ateneo di Parma potranno trascorrere periodi formativi presso le strutture del Comando, che si trovano a Solbiate Olona, in provincia di Varese[2]. L’Università sottolinea l’importanza di questa collaborazione, affermando con orgoglio che essa “è infatti tra i primi Atenei italiani a siglare un accordo di cooperazione con la NATO”[3]. In occasione della sottoscrizione dell’intesa, il Generale di Divisione Maurizio Riccò, Capo di Stato Maggiore del NRDC-ITA, ha affermato che “la sigla dell’accordo di cooperazione con l’Università di Parma rappresenta un passo in avanti per rafforzare la capacità di NRDC di ampliare la conoscenza e la rete di contatti del mondo accademico, sulla spinta del cosiddetto Comprehensive Approach, Nuovo Concetto Strategico adottato dalla NATO nel corso del Summit di Lisbona del 2010”.

Nella medesima informativa, presente nel sito dell’Ateneo parmigiano, si può apprendere che “Il NATO Rapid Deployable Corps – Italy (NRDC-ITA) è un Comando NATO alle dipendenze del Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa (SACEUR). È un Comando multinazionale e interforze […], di cui l’Italia è nazione guida, fornendo circa il 70% del personale: Ufficiali, Sottufficiali, Graduati e militari di truppa”. Il restante 30% è costituito da militari provenienti da altri dodici paesi: Albania, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti.  Complessivamente, i militari che animano il Comando multinazionale sono pressappoco 400. Vi è da precisare, inoltre, che il “NRDC-ITA è stato costituito nel 2001 a seguito di una profonda ristrutturazione dell’Alleanza Atlantica per fare fronte alla necessità di disporre con immediatezza di una forza multinazionale flessibile da schierare in aree di crisi al bisogno, e delle relative strutture di comando e controllo”. Il Comando è preparato ed attrezzato per condurre tutte le “operazioni militari, convenzionali e di risposta alle crisi, sia dentro che fuori dall’area di responsabilità dell’Alleanza Atlantica, in base a quanto stabilito dal Comandante NATO della missione”. Infine, nel comunicato dell’Università viene sottolineato che “L’ambiente multinazionale è il fattore chiave che permette ad NRDC-ITA di operare con successo”. Dunque, NRDC-ITA è capace “di esercitare il comando e controllo delle operazioni militari e interagire, tramite esperti professionisti, con attori non militari in ogni scenario di crisi (organizzazioni governative, organizzazioni non-governative, agenzie di aiuto umanitario, ecc.) secondo il concetto NATO di «comprehensive approach»”.

Proprio quest’ultima nozione è stata approfondita nel corso di una conferenza tenutasi nel pomeriggio del 28 Novembre 2017 presso l’Aula dei Filosofi del Palazzo Centrale dell’Università di Parma, conferenza aperta al pubblico e intitolata “Nuove minacce internazionali: il ruolo della NATO”[4]. L’incontro, avente come relatore proprio il Generale Riccò, è stato organizzato congiuntamente dal Dipartimento di Giurisprudenza, Studî Politici e Internazionali e dal Centro Studi in Affari Europei e Internazionali (CSEIA) dell’Ateneo di Parma.  

All’inizio del suo intervento, il Generale ha fatto un breve excursus sulla storia dell’Organizzazione Atlantica ed ha spiegato in modo assai sintetico agli studenti presenti (fra i quali era anche l’autore di queste righe) come quest’ultima è strutturata, quali sono e come operano i suoi organi principali. In seguito, come accennato sopra, si è concentrato sul concetto di “comprehensive approach”, che potrebbe essere tradotto in italiano con “approccio globale” o “completo”. Questo nuovo orientamento strategico adottato dalla NATO, come si legge nel sito dell’Organizzazione[5], mira a combinare “strumenti politici, civili e militari” con lo scopo di risolvere specifiche situazioni di crisi. Di conseguenza, si rende necessaria la collaborazione con attori di estrazione non militare:  “I mezzi militari, sebbene essenziali, non sono sufficienti da soli per affrontare le numerose e complesse sfide alla nostra sicurezza. L’effettiva attuazione di un approccio globale alle situazioni di crisi richiede che le nazioni, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative diano il proprio contributo in uno sforzo concertato [traduzione nostra]”. Dunque, è proprio in coerenza con questo nuovo “approccio globale” che la NATO ha iniziato a collaborare con alcune Università italiane, le quali, con i propri studenti e ricercatori, dovrebbero fornire una serie di competenze utili a comprendere e risolvere al meglio determinati contesti critici di intervento.

Nel corso della sua lunga dissertazione, il Generale Riccò ha affermato che attualmente non esiste più un vero e proprio “nemico esterno” per l’Organizzazione Atlantica, come poteva essere l’URSS nel periodo storico precedente al 1989. Pertanto, secondo l’opinione del Generale, la NATO in futuro si troverà ad affrontare in misura sempre minore dei conflitti veri e propri, ovvero delle guerre “simmetriche” condotte contro eserciti convenzionali, ma sempre più spesso dovrà risolvere delle “crisi” circoscritte, nel contesto delle quali, conducendo una guerra di tipo “asimmetrico”, dovrà fronteggiare dei gruppi terroristici o criminali con lo scopo di eliminarli totalmente in maniera quasi chirurgica. È proprio per questo motivo, secondo Riccò, che la NATO ha bisogno del supporto di personale non militare altamente competente e capace di fornire una serie di conoscenze utili a gestire nel modo migliore queste crisi: “Il messaggio che dobbiamo contribuire a diffondere è che, per la risoluzione della crisi, sono necessarie le competenze: dobbiamo infatti capire come e perché nascono certe tensioni”[6].

Al termine dell’incontro, è stata data la possibilità al pubblico di porre delle domande al Generale. È così che, stimolato da quanto emerso durante la prolusione, il sottoscritto ha domandato a Riccò se si rispecchiasse nell’opinione del giurista tedesco Carl Schmitt (1888-1985), il quale già negli anni Settanta del secolo scorso evidenziava il rischio di passare da una “politica mondiale” ad una “polizia mondiale” (ritenendo questo sviluppo un progresso alquanto discutibile, in quanto legato ad una torsione in senso penalistico del diritto internazionale)[7]. Sorprendendo l’autore stesso della domanda, che aveva voluto avanzare una nota critica nei confronti della prospettiva delineata durante l’intervento, il Generale ha risposto dicendo di essere pienamente d’accordo con la lettura schmittiana e che proprio in quella direzione (ovvero della “polizia mondiale”) tendono gli attuali sviluppi della NATO.

Stimolati in modo evidente da tale risposta, in seguito, altri studenti hanno domandato al Generale dei chiarimenti riguardo le relazioni della NATO con tutte quelle realtà geopolitiche che al giorno d’oggi sembrano ancora porsi in contrasto con essa; al termine dell’incontro, poi, un Professore dell’Università di Parma ha sollevato la questione concernente l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, sottolineando come quest’ultima, svolgendo attività (nel proprio ambito territoriale di competenza) ed avendo fini analoghi a quelli della NATO, possa rappresentare per lo spazio asiatico una vera e propria alternativa nei confronti dell’Alleanza Atlantica. Il Generale ha risposto minimizzando in modo quasi imbarazzante tutti questi “problemi”, sostenendo che nel lungo periodo essi potranno essere risolti dalla NATO utilizzando proprio un approccio “globale”, ovvero comprendente anche l’utilizzo di strumenti di mediazione diplomatici e politici: “Oggi la NATO si apre sempre di più a chiunque voglia essere parte integrante di una organizzazione non più concentrata esclusivamente sulla difesa collettiva, ma che agisce soprattutto sul terreno della prevenzione. Il dialogo resta la strada maestra da seguire [corsivo nostro]”[8]. In altri termini, Riccò ha fatto intendere chiaramente che, con metodi più meno morbidi, tutti gli Stati della Terra potranno un domani entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica, cosicché è proprio in vista di questo obiettivo che quest’ultima deve operare.

In conclusione, qualora ce ne fosse bisogno, l’intervento del Generale Riccò all’Università di Parma ha confermato in modo chiarissimo le aspirazioni globali della NATO, la quale, evidentemente, non si accontenterà mai di essere un’organizzazione di carattere regionale, che svolge le proprie attività militari e di sicurezza all’interno di uno spazio delimitato, ma ambirà sempre ad essere l’unico signore del mondo e gendarme dell’umanità intera. Dunque, per quanto attualmente si proponga di utilizzare un approccio più “morbido”, è pacifico che l’Organizzazione Atlantica rimane “un’alleanza che vuole arruolare il mondo intero sotto la bandiera del capitalismo occidentale”[9]. La speranza del sottoscritto, che è particolarmente critico nei confronti della possibilità che si imponga, in termini schmittiani, un’unità politica del mondo, è che tutte quelle realtà geopolitiche più o meno indipendenti rispetto alla NATO, che sono state citate durante il dibattito conclusivo, possano continuare a svolgere un ruolo di freno rispetto all’avvento di una reductio ad unum su scala planetaria.

Per quanto concerne in modo specifico l’Europa, poi, è chiaro che quanto emerso dall’intervento del Generale Riccò conferma la veridicità e la lungimiranza delle seguenti parole di Jean Thiriart, risalenti al lontano 1967: “La NATO non è un patto militare rivolto contro Mosca; la NATO è un meccanismo destinato a perpetuare il dominio politico americano dell’Europa”[10].



NOTE

[1] http://www.unipr.it/notizie/accordo-di-cooperazione-tra-luniversita-di-parma-e-il-comando-del-corpo-darmata-di-reazione.

[2] In un altro comunicato dell’Università di Parma, datato 31 ottobre, si legge che un gruppo di studenti ha già trascorso “due giorni a stretto contatto con lo staff multinazionale del NRDC-ITA”. A tal riguardo, si veda: http://www.unipr.it/notizie/luniversita-di-parma-visita-il-comando-del-corpo-darmata-di-reazione-rapida-della-nato.

[3] Nell’informativa dell’Ateneo si legge che “le Istituzioni Accademiche con cui il Comando del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia ha stretto o è in procinto di stringere intese e accordi di cooperazione” sarebbero: LUISS di Roma, Università “Carlo Cattaneo” (LIUC) di Castellanza (VA), Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, European University Institute di Firenze e Scuola Universitaria per mediatori linguistici di Milano.

[4] http://www.unipr.it/notizie/28-novembre-alluniversita-di-parma-incontro-nuove-minacce-internazionali-il-ruolo-della-nato.

[5] https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_51633.htm?selectedLocale=en.

[6] Citato in Vittorio Rotolo, «Le guerre si evitano con la prevenzione», “Gazzetta di Parma”, 29 novembre 2017, p. 11.

[7] Per citare con esattezza le parole di Schmitt: “Si spalanca qui l’abisso che separa il progresso etico e morale dell’umanità dal suo progresso tecnico e industriale. La politica mondiale giunge alla fine e si trasforma in polizia mondiale – un dubbio progresso [corsivo nostro]” (Carl Schmitt, La rivoluzione legale mondiale. Plusvalore politico come premio alla legalità e superlegalità giuridica, in Id., Stato, grande spazio, nomos, Adelphi, Milano 2015, p. 463).

[8] Citato in V. Rotolo, «Le guerra si evitano con la prevenzione», cit., p. 11.

[9] Bernard Genet, L’OCS: un avversario della NATO o molto di più?, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. VI, n. 1, Gennaio-Aprile 2009, p. 37.

[10] Jean Thiriart, La NATO: strumento di servitù, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. XIV, n. 2, Aprile-Giugno 2017, p. 178.


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Lorenzo Disogra, laureato con lode in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali all'Università di Parma con una tesi riguardante il pensiero internazionalistico del giurista tedesco Carl Schmitt, è autore dei saggi L'essenza del grande spazio ("Eurasia" 2/2017), Schmitt contro Versailles e Ginevra ("Eurasia" 3/2017), Spagna. Quis judicabit? ("Eurasia" 4/2017) , Che cos'è la sovranità? Replica a Paolo Becchi ("Eurasia" 4/2017), nonché di diversi articoli pubblicati su testate informatiche.
I suoi principali ambiti di studio e di interesse sono la storia del pensiero politico, la dottrina geopolitica e la teoria delle relazioni internazionali. Collabora con la Libera Università del Sapere Critico promossa dal Centro studi movimenti di Parma.