In Argentina uno dei temi caldi è certamente rappresentato dall’inflazione galoppante, che sta caratterizzando l’economia del Paese.

La questione inflazionistica è recentemente salita alla ribalta principalmente attraverso due episodi: innanzitutto il provvedimento di censura adottato dal Fondo Monetario Internazionale nei confronti di Buenos Aires; secondariamente la figuraccia di cui si è reso protagonista ultimamente il Ministro dell’Economia argentino.

Per quanto riguarda la prima questione, il 2 febbraio scorso il FMI ha adottato una dichiarazione di censura nei confronti di Buenos Aires, accusandola di fornire dati poco accurati e non veritieri riguardo all’inflazione. Ad occuparsi di tali statistiche nel Paese sudamericano è l’ Indec (Instituto Nacional de Estadísticas y Censos), il quale ha calcolato per il 2012 un’inflazione del 10,8%; invece i dati proposti da alcune agenzie private o enti internazionali attestano l’inflazione mediamente intorno al 25%.

Tale divario ha lentamente generato l’attuale messa in discussione della credibilità dei dati forniti dall’istituto e quindi l’accusa di mancanza di trasparenza in capo al governo argentino da parte del FMI. Quest’ultimo ha infatti intimato al Governo di Cristina Kirchner di correggere al più presto le inesattezze, non oltre il 29 settembre 2013. (1)

Si tratta della prima tappa di un processo di sanzione all’interno dell’organizzazione internazionale; un processo che, se non vedrà un celere ravvedimento da parte delle autorità argentine, non farà che aggravare il conflitto tra FMI e Argentina, potendo potenzialmente sfociare nell’espulsione del Paese dall’organizzazione.

La risposta della Kirchner non è stata affatto docile; dalla sua pagina twitter ha tuonato contro il FMI, accusandolo di non essere stato in grado di prevedere le crisi economiche degli anni passati, né di aver sostenuto l’Argentina durante la sua gravissima crisi del 2001.

Da Buenos Aires non sembrano quindi volersi piegare facilmente ai dettami provenienti da Washington; a questo proposito sembra che le lezioni del passato siano state recepite. La Kirchner afferma infatti che negli anni ’90, il suo Paese sia stato “alunno modello” del Fmi, mettendone in campo le politiche di privatizzazione generalizzata e non ottenendo da tale zelo altro che la distruttiva crisi economica del 2001.

Al contrario, la Kirchner sembra voler dare un taglio netto al passato di subordinazione ai dettami stranieri, puntando da più direzioni verso un approccio più strettamente nazionalista. In particolare ciò emerge da due episodi noti: la nazionalizzazione dell’impresa petrolifera Ypf e il contrasto con Londra per riottenere le Malvinas.

Infatti, nel 2012 Buenos Aires ha deciso di nazionalizzare la Ypf, suscitando forti polemiche; tale impresa petrolifera era stata privatizzata negli anni ’90, seguendo le indicazioni di stampo neoliberista del Fmi. Nel corso degli anni 2000, però, la produzione di gas e petrolio è notevolmente diminuita, non riuscendo a soddisfare il fabbisogno interno di tali risorse e quindi causando un incremento notevole delle importazioni argentine di tali beni. Nel 2011 le quote di tali importazioni sono addirittura raddoppiate rispetto all’anno precedente. (3) Alcuni dati resi noti dalle autorità statali sono anche più significativi. Essi attestano infatti per quanto riguarda il petrolio il passaggio da 110 milioni di barili estratti nel 2009 a 10 milioni solo due anni dopo; invece, relativamente all’estrazione di gas nei medesimi anni (2009-2011), il passaggio è stato dai 533mila metri cubi a 441mila. (4)

L’Argentina ha deciso di non rimanere a guardare e la scelta di nazionalizzare la propria industria petrolifera appare orientata da ragioni prettamente economiche, per altro già esperita da molte altre nazioni.

Un aspetto invece più ideologico del nazionalismo, ha preso forma con la crisi argentino-britannica rispetto alla questione delle Malvinas-Falklands.

Ad ogni modo, che si tratti di motivate ragioni economiche orientate al benessere del Paese o che se ne voglia preferire una lettura ideologicamente connotata, certo è che le scelte economiche e politiche della Presidentessa argentina rappresentano un punto di rottura col passato di subordinazione al neoliberalismo imposto dal mercato e incarnato nel Fmi. È necessario attendere le prossime scelte di Cristina Kirchner per comprendere se sarà possibile un dialogo con l’organizzazione o se si arriverà davvero alla rottura.

A svantaggio di Buenos Aires, rimane però l’evidenza di un’economia problematica, dominata dall’incertezza, che il Governo non sembra volere o sapere affrontare.

Emblematica è la figura pessima di cui si è reso protagonista Hernan Lorenzino, attuale Ministro dell’Economia.

Ci si riferisce a un’intervista effettuata da un televisione greca a Lorenzino, da cui emerge la sua sconcertante mancanza di preparazione e risposte concrete.

La giornalista, consapevole della rilevanza e della problematicità dell’inflazione nell’economia attuale dell’Argentina, si rivolge in maniera molto diretta al Ministro, domandandogli di quanto sia l’inflazione in Argentina in quel momento.

Lorenzino mostra immediatamente la sua sorpresa e tenta di aggirare la questione, affermando che le uniche statistiche attendibili in Argentina sono quelle dell’INDEC  (Instituto Nacional de Estadisticas y Censos), istituto che dipende dal Ministero dell’Economia.

Solo in seguito all’insistenza della giornalista, Lorenzino attesta con estrema incertezza il tasso d’inflazione al 10,2%, senza dare ulteriori spiegazioni.

La situazione però precipita quando viene affrontata la polemica che oppone ormai da oltre un anno il Fondo Monetario Internazionale e Buenos Aires. La giornalista fa riferimento alle sanzioni imposte da Washington “per la statistiche erronee” comunicategli dall’Indec e chiede al Ministro come abbiano intenzione di agire.

A questo punto il protagonista di questa pessima figura tenta con imbarazzo di rispondere in maniera confusa, balbetta e poi chiede una pausa, ma i microfoni rimangono accessi. L’intervista si interrompe qui. Si sente chiaramente l’argentino affermare “Me quiero ir”, perché in Argentina “parlare di statistiche sull’inflazione è complesso”.

Il problema nasce quando a rilasciare tali dichiarazioni è il Ministro dell’Economia. Chi altro dovrebbe affrontare, comprendere, risolvere tali questioni?

Interviene infine un assistente del Ministro, il quale si premura di spiegare all’incredula intervistatrice le ragioni di una tale brusca interruzione; il fatto è che in Argentina di inflazione non si parla, nemmeno coi media argentini.

La giornalista però sa che non è così. Per meglio dire, il Governo non ne parla; ma l’Argentina, gli argentini sì. “ […] Se si va per strada tutti dicono che c’è un’inflazione molto alta, tutti ne parlano; non è possibile che io non lo chieda. È come se non facessi bene il mio lavoro”.

Tali preoccupazioni, non sembrano però affliggere Lorenzino, né essere al primo posto nell’agenda della Presidentessa Kirchner.

A questo proposito, Nelson Castro, giornalista argentino, durante una puntata del suo programma televisivo El juego limpio, affronta la questione della figuraccia del Ministro Lorenzino, scagliandosi più che contro il protagonista, direttamente contro il Capo del Governo Cristina Kirchner.

Innanzitutto Castro ridicolizza Lorenzino, evidenziando come ci sia un lato positivo in questa vicenda e cioè che finalmente gli argentini sanno chi è il Ministro dell’Economia e che non sa di quanto è l’inflazione. Dunque, vista l’inutilità di un tale funzionario, perché non realizzare il desiderio di Lorenzino e permettergli di andarsene?!

Il giornalista non si ferma qui e rincara la dose, proponendo alla Kirchner di cogliere l’opportunità per assumere un vero Ministro, perché ne ha bisogno, come tutti hanno bisogno di aiuto per comprendere le cose che non conoscono.

L’argentino conclude affermando che “l’economia dell’Argentina è a bordo di un Titanic e purtroppo lei, che è il capitano […] di questo Titanic, è convinta che l’iceberg non esista”. (5)

Inoltre, l’economia argentina vive una seria restrizione alle importazioni a causa del blocco dell’acquisto di dollari, che sta mettendo in ginocchio parecchie industrie locali.

La scelta di impedire l’acquisto di dollari è stata presentata dal governo come una misura volta a combattere l’evasione fiscale e la fuga di capitale verso l’estero, ma è fonte di dure critiche, sia per la messa in dubbio della sua efficacia, sia per gli effetti collaterali che provoca.(6)

Buenos Aires, infatti, si trova ora a dover fronteggiare un attivo mercato parallelo del dollaro, contraddistinto da forti divergenze col tasso di cambio ufficiale. Si registra cioè un divario di circa 3 punti tra i due tassi; se sul mercato nero il dollaro viene cambiato a 7,93 pesos, il cambio ufficiale si ferma invece a soli 4,94 pesos.(7)

Lo scenario dell’economia argentina appare quindi caratterizzato dalla mancanza di una direzione chiara, peggiorata dalla poca definizione degli obiettivi perseguiti dal governo, come rilevato dall’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale e dal suo Presidente Alfredo Somoza: “[…] Se avessero voluto solo bloccare o controllare la fuga di capitali verso altri stati, avrebbero avuto altri strumenti per farlo. Anche di tipo repressivo, come il controllo delle frontiere o delle banche stesse. Queste misure nuove invece colpiscono tutto e tutti e non si capisce a cosa servano”.(8)

In Argentina convivono quindi un mercato nero di valuta e statistiche inattendibili sull’inflazione e sul Pil. Un primo passo per la soluzione di tali problemi e la prevenzione di una generalizzata crisi economia potrebbe essere una corretta informazione dei tecnici e la sintonizzazione delle riforme economiche e amministrative con i problemi reali del Paese e della sua popolazione, che vede e vive la costante erosione del proprio potere d’acquisto e il conseguente abbassamento dei propri standard di vita.

 

 

 

* Rachele Pagani, laureanda in Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale presso L’Università degli Studi di Bergamo

 

 

 

(1) Il Fondo monetario censura l’Argentina: non ha fornito dati accurati sull’economia, Luca Veronese, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-02/fondo-monetario-censura-argentina-185355.shtml?uuid=AbgCTfQH

(2) Fmi, censura all’Argentina: corregga i dati, http://www.avvenire.it/Economia/Pagine/fmi-censura-argentina.aspx

(3) La nazionalizzazione dell’YPF: le ragioni degli argentini, di Mark Weisbrot, da The Guardian, http://temi.repubblica.it/micromega-online/lanazionalizzazione-dellypf-le-ragioni-degli-argentini/

(4) Nazionalizzazione YPF. Quale scenario si apre ora per l’Argentina?, Matteo Villa, http://www.meridianionline.org/2012/05/25/nazionalizzazione-ypf-argentina/

(5) Nelson Castro comenta el papelon del Ministro, http://www.youtube.com/watch?v=B0c-v40W10k

(6) e (8) Argentina, fra dollari e mercato nero, http://www.eilmensile.it/2012/06/11/argentina-fra-dollari-e-mercato-nero/

(7) Argentina, mercato a 3 dollari dalla realtà: situazione economica rischiosa, http://pangeanews.net/economia/argentina-mercato-a-3-dollari-dalla-realta-situazione-economia-rischiosa/


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