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XXIV – BRICS: i mattoni del nuovo ordine

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La cooperazione tra i Paesi emergenti ha assunto un registro sempre più marcatamente geoeconomico e geopolitico. Il consolidamento delle loro relazioni, reso possibile anche da una condivisa visione della politica internazionale, contribuisce ad accelerare la transizione verso un ordine multipolare.

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DOSSARIO: BRICS: I MATTONI DEL NUOVO ORDINE

Nato da una relazione di Goldman Sachs, il concetto di BRIC ha preso corpo di suo a partire dal primo incontro annuale, tenutosi a Ekaterinburg (Russia) nel 2009. Nel 2011 l’inclusione del Sudafrica in quest’associazione ancora semiformale ha introdotto un quarto continente ed una quinta lettera dell’alfabeto in quello ch’è ora il BRICS. Il BRICS, in termini storici e geografici, appare un potenziale sfidante del G-7, dell’OCSE e persino della NATO, se la transizione alla multipolarità dovesse continuare. Il coordinamento tra i cinque paesi potrebbe permettere loro, nel medio periodo, di distinguersi efficacemente – quanto meno in parte – dalle nazioni del G-7 piagate dalla crisi e fornire al mondo postglobalizzazione una guida alternativa e più decentralizzata.

Il gruppo dei paesi BRICS, nato come conseguenza dei profondi mutamenti in corso nell’economia e nella politica mondiale, è uscito ormai dai limiti di un forum consultivo dei paesi in via di sviluppo e rappresenta un’influente struttura internazionale. Esso sta rapidamente acquisendo potere sia come promotore delle riforme dei meccanismi di regolamentazione nella sfera economico-finanziaria, sia come importante forum macroeconomico. La maggior parte delle previsioni a lungo termine conferma la crescita del peso del gruppo BRICS nell’economia mondiale.

Il rapporto energetico tra la Cina e la Russia si sta rafforzando di anno in anno, accordo dopo accordo, oleodotto dopo oleodotto. Il partenariato strategico sino-russo ha raggiunto livelli di cooperazione mai registrati prima in tutta la storia dei rapporti bilaterali. Tuttavia, non solo la Cina, ma anche altri paesi con una forte crescita del PIL hanno bisogno dell’energia russa. Il vertice dei paesi BRICS è un’importante piattaforma per il dialogo tra i paesi con le economie in forte crescita dove si può coordinare e tracciare le politiche energetiche comuni.

L’intervento dell’ambasciatore ripercorre le tappe salienti che hanno portato all’affermazione del BRIC e successivamente del BRICS sulla scena internazionale, partendo dai fattori che hanno costituito punti di forza ed affermazione dei singoli Paesi che ne fanno parte, con particolare attenzione per il Brasile. Si tratteggia la funzione del BRICS e di altre realtà internazionali animate dalle potenze emergenti, riportando le aspettative che il Brasile nutre sugli scopi e le potenzialità delle stesse. Al riguardo, paradigmatiche sono le parole della presidente brasiliana Dilma Rousseff ricordate nel testo, riferite alla costituzione di “un ordine internazionale multipolare, senza egemonie o dispute per aree di influenza”.

I principi cui si ispira il Brasile in politica estera sono elencati nella Costituzione del 1988 all’art.4: tra questi, dopo l’indipendenza nazionale, vi è la “preminenza dei diritti umani”. A Ginevra ha sede dal 2006 il Consiglio Diritti Umani (CDU) dell’ONU, di cui il Brasile ha fatto parte per due mandati consecutivi sino al giugno del 20112. Cerchiamo di ripercorrere i passaggi salienti della sua partecipazione, per molti versi indicativi di aspetti più ampli della politica estera brasiliana.

La situazione economica e sociale dell’India è, negli ultimi dieci-quindici anni, notevolmente migliorata. L’economia del subcontinente è, infatti, cresciuta, in questo periodo, in media del 6-7 % all’anno. Lo sviluppo economico è stato determinato soprattutto dal potenziamento del settore dei “ servizi”, sia di quelli relativamente arretrati legati all’economia interna, sia di quelli più avanzati spesso destinati alle “società multinazionali”. Negli ultimi anni sono inoltre notevolmente cresciuti settori industriali come quello aerospaziale, il nucleare e la produzione di mezzi di trasporto. Nonostante questi progressi il reddito pro-capite del Paese asiatico resta tuttavia relativamente basso. Questo fatto dipende dall’ancora troppo elevato tasso di crescita della popolazione e da carenze nel settore delle infrastrutture. La situazione sociale nel Paese resta comunque relativamente stabile, poiché lo sviluppo sta avvenendo senza stravolgere la “cultura” tradizionale, come è invece avvenuto altrove.

L’India, paese membro dell’organizzazione internazionale BRICS, è contraddistinta da un’impetuosa crescita economica. Numerosi analisti sostengono come molto probabile il fatto che Nuova Delhi si trasformi, nel giro di pochi anni, da potenza regionale di media grandezza dell’Asia Meridionale a grande attore geopolitico del continente asiatico, ricoprendo un ruolo di primo piano anche a livello globale. Nonostante gli indicatori economici e il crescente attivismo dell’India in politica estera su differenti teatri globali giustifichino una simile percezione del paese asiatico, esistono numerose questioni che possono ostacolare o rallentare l’ascesa futura indiana. Si tratta di contraddizioni, sfide, paradossi, caratterizzanti sia la politica interna sia le relazioni internazionali che l’India dovrà cercare di affrontare efficacemente e risolvere, per eventualmente trasformarsi nella superpotenza che ambisce a essere.

Il ruolo potenziale e la strategia dell’India nell’emergente sistema planetario sono determinati dagl’interessi ideologici e materiali dipinti dagli analisti occidentali, e quindi riprodotti senza una seria riflessione nei circoli strategici indiani dagli analisti ortodossi. Questo articolo perora una narrativa indiana: l’India è il cuore geopolitico del subcontinente, deve focalizzarsi sulle sfide geopolitiche realmente esistenti e quindi ricavarne una geostrategia conseguente. L’attenzione deve rimanere sul Pakistan e la Cina continentale. La geografia fa sì che la pressione della Cina sull’India giunga via terra e non dal mare, e perciò l’India deve concentrarsi su una strategia continentale. La politica estera indiana negli anni recenti fa pensare che la priorità sia stata posta sulle questioni extra-regionali, spesso a discapito degl’interessi chiave in Asia Meridionale. Senza una solida visione geopolitica del mondo, i pianificatori della sicurezza indiana continueranno a sperperare risorse e non riusciranno a distinguere tra le sfide centrali alla sicurezza e quelle periferiche.

 Nel blocco delle potenze emergenti del BRICS, solo Federazione Russa e Repubblica Popolare di Cina possono essere considerate pienamente dellepotenze nucleari, aventi la capacità di ‘secondo colpo’; ovvero di rispondere ad un attacco nucleare statunitense. L’Unione Indiana ha incentrato lo sviluppo del suo arsenale strategico sull’ipotesi di uno scontro con il Pakistan; perciò il suo arsenale nucleare è costituito da ‘armi di teatro’, non propriamente strategiche, come nel caso di Mosca e Pechino, anche se negli ultimi anni, Nuova Delhi ha avviato una serie di programmi volti a conferirle delle capacità nucleari strategiche. Delle altre due potenze in questione, il Brasile ha un programma nucleare ancora embrionale, mentre il Sud Africa ha smantellato il suo, sviluppato durantel’era dell’apartheid.

Il cammino della omogeneità politica e della lungimiranza strategica e culturale è ancora lungo perché Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica possano presentarsi come forza di effettivo e completo cambiamento sulla scena internazionale. Tuttavia la stessa carta d’identità di questo mondo emergente (i suoi dati essenziali riguardanti il suo profilo demografico e quello economico/finanziario) individua dei tratti comuni e anche – spesso – di radicale dissonanza con il “primo mondo” occidentale. La Turchia, che presenta caratteristiche simili, è un possibile compagno di viaggio del BRICS, entità geopoliticamente “a macchia di leopardo” ma fondamentale per incrinare l’anacronistico dominio unipolare statunitense e per fare sorgere macroregioni di riferimento dotate di reale e non fittizia sovranità.

Sta diventando sempre più consensuale l’idea che lo slittamento di potere, politico ed economico, cui stiamo assistendo negli affari internazionali odierni stia dando forma ad un nuovo mondo multipolare. Alcuni commentatori affermano anzi che, a prendere forma, sia oggi una inter-polarità, intendendo con ciò un insieme di relazioni e associazioni che connettono diverse regioni del mondo. Tra gli aspetti di questa transizione troviamo la crescita economica sostenuta e l’importanza internazionale in aumento dei cosiddetti paesi BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Dalla prospettiva africana, il maggiore impatto di tale sviluppo si trova non nel relativo declino dell’influenza statunitense, ma nella crescita relativa di quella cinese e indiana. Le conseguenze del continuo rafforzarsi dell’influenza politico-economica di questi due paesi sulla regione africana possono essere sia positive sia negative. Tra quelle positive, ci si può attendere la crescita degli scambi e la trasmissione della tecnologia tanto necessaria, ma la dipendenza dallo sfruttamento di risorse primarie può avere conseguenze negativo per lo sviluppo economico e l’ambiente.

Lo scritto parte dall’osservazione del fatto che ogni esperienza storica con connotazioni di tipo imperiale, in senso lato, si è avvalsa di propri modelli giuridici, sviluppati ed esportati in ciascuna area di esercizio della propria egemonia. Vengono discusse le varie vie di espansione del concetto nordamericano di diritto; vengono poi ipotizzate delle descrizioni dei “modelli imperiali” possibili in un mondo multipolare, considerando i paesi emergenti c.d. BRICS. Viene infine discussa la possibilità di ricorrere al sistema giuridico della tradizione romanista come sistema mondiale, o meta-sistema, attraverso cui diversi sistemi possibili possono interagire. Ciò potrebbe comportare un ruolo per l’Italia, in cui quel sistema è nato, come luogo di studio, ricerca e sviluppo del sistema e delle sue possibili applicazioni.

I paesi di espressione portoghese si stanno sempre più organizzando come interlocutore unitario soprattutto nei confronti della Cina, guidati dal Brasile che rafforza la cooperazione Sud-Sud. I nuovi equilibri multipolari, la cooperazione Sud-Sud e la “fascinosa offensiva” cinese vengono analizzati alla luce del “blocco lusofono.

In un mondo in continuo e rapido cambiamento verso un ordine di tipo multipolare, i cinque BRICS sembrano destinati a diventare i protagonisti del nuovo sistema globale. Tuttavia, essi non sono gli unici paesi emergenti in grado di influenzare la configurazione dei futuri assetti politico-economici. A margine delle manovre dei BRICS, altri Stati si stanno muovendo per conquistare un proprio ruolo sullo scenario mondiale a venire. Malgrado la loro mole (demografica, territoriale, economica) non possa competere con le dimensioni dei BRICS, tuttavia questi emergenti più piccoli possono sopperire ad un tale svantaggio tramite la coordinazione reciproca e la cooperazione in diversi ambiti a livello internazionale, secondo una traiettoria Sud-Sud (del mondo). Un esempio di un simile attivismo è l’iniziativa della Conferenza dei Paesi Sud-Americani e Arabi, attiva da pochi anni, ma ricca di proposte e progetti nuovi. La riuscita di un tale esperimento, o di eventuali altri analoghi, potrà permettere agli emergenti minori di non rimanere schiacciati nelle intricate dinamiche di un mondo sempre più dominato da una pluralità di macropotenze regionali.

CONTINENTI

Il secolo XXI si situa in una fase apolare: l’unimultipolarismo esercitato dagli Stati Uniti durante il post-Guerra Fredda è naufragato nel riduzionismo militarista che hanno tentato d’imporre nell’agenda mondiale i neoconservatori. Senza dubbio, questa fase apolare, che tuttavia non è nitida nei suoi attori componenti, possiede una particolarità strutturale: va verso un sistema geopolitico multipolare. Ora, questo sistema multipolare emergente presenterà una differenza sostanziale col multipolarismo europeo dell’equilibro tra potenze tipico del secolo XIX. Avrà come protagonisti ed unici soggetti autonomi nel sistema mondo gli Stati Continentali Industrializzati, che raccolgono in uno spazio di dimensioni geopolitiche continentali il potere tecnologico, militare, industriale, economico, culturale e politico con la sua rendita geostrategica. E questa multipolarità sarà mondiale, perché la politica si è disoccidentalizzata. USA, Russia, Cina e India saranno i giocatori continentali del suddetto multipolarismo.

Per comprendere le trasformazioni alla base dello sviluppo delle società contemporanee, gli studiosi hanno rivalutato il tema dei consumi, che ha assunto centralità anche grazie alla crescente evidenza della sua rilevanza nella definizione delle identità e nella costruzione dei rapporti sociali. La società dei consumi costituisce un tratto centrale dell’epoca contemporanea. Il rapporto fra società, cultura e consumi ha una lunga storia che il testo cercherà di ripercorrere con un’attenzione specifica alle implicazioni culturali, economiche e politiche della diffusione del consumo. La costruzione dello spazio del consumo e della sua dimensione simbolica cominciò a permeare l’immaginario sociale già dalla fine del Settecento. L’ambito geografico oggetto dello studio è l’Europa urbana Settentrionale, in quanto è in essa che i processi di commercializzazione pervadono la società già nel Sette e Ottocento.

Questo lavoro contribuisce a fornire una visione critica dell’approccio mainstream allo studio dei contributi dell’economia della difesa a partire dall’analisi di Benoit. Esso prende in considerazione i principali limiti dei modelli di domanda e di offerta, di quelli con gli spin-off tecnologici, le esternalità e i beni pubblici, per passare poi ad analizzare quelli di crescita endogena. Emergono una serie di difficoltà relative alle specificazioni stesse dei modelli come pure alla contraddittorietà di alcune interessanti intuizioni, che, tuttavia, si rivelano incongruenti o di dubbia efficacia.

Il primo maggio del 1974 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella sua sesta Sessione Speciale, adottò la ‘Dichiarazione per la Costituzione di un nuovo Ordine Economico Internazionale’ che poneva una particolare enfasi sulla paritaria sovranità degli Stati. In maniera deplorevole, in più di tre decenni passati dall’iniziativa dell’ONU per un nuovo ordine economico internazionale, l’economia globale si è sviluppata nella direzione opposta. In questo momento, siamo testimoni della bancarotta della globalizzazione come epitome della ideologia neoliberale.

La politica estera europea, al di là delle più o meno criticabili linee di condotta, risente sostanzialmente di un problema legato allo status dell’Ue: il fatto che non si possa parlare di uno Stato sovrano ha delle inevitabili ripercussioni sulla sua presenza nei vari organismi internazionali. La prerogativa di essere “pienamente sovrani”, garantisce un certo potere d’azione ed autonomia decisionale nelle sedi di consultazione e negoziazione globali: nel caso comunitario, i margini di manovra – condizionati dal non pieno soddisfacimento di un requisito obbligatorio ora per la stessa appartenenza ora per una totale facoltà d’azione – sono ulteriormente complicati dalla difficoltà di dover coordinare anche la presenza di singoli Stati europei ai tavoli delle trattative, affinché la posizione comune europea non risulti inficiata dalla dispersione di poteri né indebolita dagli interessi nazionali del singolo. La svolta avvenuta all’interno delle Nazioni Unite, con la designazione dell’Ue come “speciale osservatore”, tende indubbiamente una mano al multilateralismo ma innesca, allo stesso tempo, dei dubbi tra gli europei – soprattutto all’interno del Consiglio di Sicurezza – su quanto un eventuale futuro seggio unico dell’Ue possa essere risolutivo oppure temuto per la perdita di privilegi e libertà che deriverebbe dall’accorpamento in una rappresentanza unica.

INTERVISTE

Mohammad Alì Hosseini è ambasciatore della Repubblica Islamica d’Iràn a Roma; precedentemente è stato vice-ministro degli Affari Esteri. La presente intervista è stata realizzata il 21 novembre 2011 a margine di un incontro tenutosi presso la Camera di Commercio di Torino.

Enzo Scotti è sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri con varie deleghe, tra cui quella ai rapporti bilaterali coi paesi delle Americhe. In passato ha ricoperto numerosi altri incarichi di governo, tra cui quello di ministro degli Affari Esteri (1992). La presente intervista è stata raccolta nel luglio 2011.

Il semestre di presidenza dell’Unione Europea è stato accompagnato da numerose polemiche, specialmente nei confronti della nuova Costituzione. Istvan Manno, Console d’Ungheria a Milano, interviene su alcuni argomenti controversi.

DOCUMENTI E RECENSIONI

Emanuele Aliprandi, Le ragioni del Karabakh, &MyBook, Roma 2010 (Luca Bionda)

Johann Jakob Bachofen, Matriarcato mediterraneo. Il popolo licio, Il Cerchio, Rimini 2011 (Claudio Mutti)

Francesco Brunello Zanitti, Progetti di egemonia. Neoconservatori statunitensi e neorevisionisti israeliani a confronto, All’insegna del Veltro, Parma 2011 (Matteo Finotto)

Roj A.Medvedev e Zores A. Medvedev, Stalin sconosciuto. Alla luce degli archivi segreti sovietici, Feltrinelli, Milano 2006 (Alessandro Lattanzio)

Farzana Shaikh, Making Sense of Pakistan, Hurst & Co., London 2009 (Zorawar Daulet Singh)
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