Il vertice tra l’ Unione europea e i partner africani, che si è tenuto il 2 e 3 aprile scorsi a Bruxelles, ha rappresentato un passo importante nell’azione esterna dell’Unione Europea. Per comprendere la situazione attuale dei rapporti UE-Africa è però necessario sottolineare le differenze tra le politiche di cooperazione dell’Unione Europea nel tempo e l’evoluzione delle relazioni che la legano ai paesi africani. Analizzando le radici storiche di questa relazione è importante ricordare che molti paesi africani hanno con l’Unione Europea (ai tempi Comunità Europea) un rapporto privilegiato sin dal 1975, anno della prima Convenzione di Lomé. Le convenzioni di Lomé si sono poi susseguite nel tempo ed hanno portato al libero accesso al mercato europeo della quasi totalità dei beni prodotti dei paesi ACP (Africa, Caribbean, and Pacific Group of States).

Uno spartiacque determinante nell’evoluzione delle relazioni UE-Africa è stato l’accordo di Cotonou del 2000, che ha avuto il compito di innovare le precedenti convenzioni di Lomé e che ha posto le basi per le relazioni attuali tra l’UE e i 79 paesi parte dell’accordo. La convenzione ha l’obiettivo di integrare in maniera maggiore i paesi ACP nell’economia globale, non limitandosi più come in passato a prendere in considerazione aspetti prettamente economici ma garantendo un supporto anche per questioni come il rispetto della democrazia, dei diritti umani, e lo sviluppo di una buona politica governativa, che assicuri una maggiore autonomia dei paesi coinvolti nel trattato. La convenzione di Cotonou ha una validità di 20 anni ed è stata già oggetto di due riesami che hanno portato al riconoscimento della giurisdizione della Corte penale internazionale. L’accordo, sottoscritto da ben 48 stati africani, è sostenuto finanziariamente dal Fondo Europeo di Sviluppo (FES), che supporta i patti in materia politica, economica e sociale, prevalentemente legati alla cooperazione per lo sviluppo di questi paesi.

Per valutare l’operato dell’Unione Europea nel processo di cooperazione è importante sottolineare che le politiche europee nei confronti dei paesi terzi si basavano precedentemente su un approccio meramente legato a preferenze commerciali e ad accordi di tipo economico, mentre negli ultimi anni, specialmente per quello che riguarda il continente africano, temi come la tutela dei diritti umani, dello stato di diritto, pace e sicurezza hanno assunto una rilevanza primaria nell’approccio dell’ UE.

Nell’analisi globale dei rapporti tra Unione Europea e paesi africani è essenziale ricordare inoltre il vertice del 2000 al Cairo, che ha determinato l’inizio di riunioni periodiche tra rappresentati e ministri, inaugurando una nuova era nelle relazioni UE-Africa. L’anno successivo fu creato il Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’ Africa (NEPAD) e nel 2002 si ebbe l’ istituzione dell’ Unione Africana, di cui oggi fanno parte ben 54 paesi. Il passo successivo, nel 2005, fu la creazione della Strategia dell’ Unione Europea per l’Africa, innovata appena due anni più tardi dalla Strategia Congiunta UE-Africa, che mira a determinare un maggior coordinamento tra le politiche della Commissione Europea, gli stati membri e i governi dei paesi africani.

Dal vertice di Lisbona del 2007, inoltre, l’Unione Africana è stata riconosciuta come interlocutore dell’Unione Europea in Africa, avviando così una essenziale cooperazione strategica tra le due organizzazioni internazionali. L’obiettivo primario del vertice di Lisbona, ancora attuale, è di andare al di là delle questioni prettamente africane, affrontando in maniera efficace le sfide globali come la migrazione, i cambiamenti climatici, la pace e la sicurezza. La volontà espressa da ambo le parti è anche quella di sviluppare un partenariato incentrato sulle persone, provvedendo a rafforzare la partecipazione dei cittadini africani ed europei. Dal 2008 al 2013 la strategia congiunta è stata portata avanti con incontri annuali e piani d’azione, che sono serviti anche a preparare il vertice che si è tenuto nei giorni scorsi a Bruxelles.

Dopo aver analizzato l’insieme degli incontri e dei vertici che hanno plasmato le relazioni tra UE e paesi africani è indispensabile un riferimento più concreto a questa relazione. Lo strumento fondamentale di cooperazione economica è rappresentato dagli Accordi di Partenariato Economico (APE), che dopo essere stati istituiti nel 2000 avrebbero dovuto essere ultimati nel 2008. Tutt’ora invece nessuna delle cinque macroregioni del continente africano hanno definito in maniera completa il suo APE e si sono avuti una serie di accordi bilaterali e plurilaterali che hanno visto partecipare solamente 18 paesi. L’Unione Europea, vista la situazione, si è imposta di fissare al primo ottobre prossimo il termine ultimo per la stipula di APE provvisori: alla scadenza di questo termine i paesi africani perderanno la possibilità di fruire dell’ attuale trattamento privilegiato da parte dell’ UE.
Bisogna tuttavia soffermarsi sulle motivazioni di questo scarso successo degli APE: alcuni esperti ritengono, infatti, che, nonostante le ripetute dichiarazioni sull’uguaglianza tra le parti degli accordi, vi sia una innegabile e fondamentale posizione di supremazia negoziale della Commissione Europea. Molto rilevante, secondo questa visione, sarebbe anche il ruolo nelle negoziazioni che fin qui è stato attribuito dall’UE alla Direzione Generale per il Commercio (DG Trade) e alla Direzione Generale per lo Sviluppo e la Cooperazione (Europeaid). Il primo organismo opera in un ottica liberale, solamente vincolata ai principi del libero mercato, mentre il secondo si occupa della distribuzione di aiuti allo sviluppo e della cooperazione. Molti, a riguardo, ritengono che un ruolo fondamentale sia stato giocato dalla DG Trade, limitando Europaid ad azioni secondarie, anteponendo quindi la liberalizzazione economica all’effettivo supporto nello sviluppo dei paesi coinvolti.

Un altro fattore del parziale fallimento degli APE che si è avuto fino ad oggi è presumibilmente dovuto al complesso sistema di elaborazione politica dell’UE, che si articola tra competenze della Commissione, del Consiglio o materie ancora legate agli stati membri. Lo scontro sempre acceso nell’UE tra interessi comuni e quelli dei singoli stati membri, unito al persistere del metodo intergovernativo in molti ambiti, è ovviamente un freno importante nel rapporto con l’Africa così come in tutte le relazioni esterne dell’ Unione.
Un ulteriore elemento negativo nei rapporti tra UE ed Africa degli ultimi anni è certamente derivato dal ridimensionamento, dettato anche dall’ avvento della crisi economica, dei fondi destinati ai progetti di cooperazione per lo sviluppo dei paesi africani. Nel summit di Bruxelles si è discusso proprio di rilanciare molti di questi progetti, con un impegno maggiore da parte dell’UE, che sarà chiamata a dimostrare di tenere in primaria considerazione il suo rapporto con gli interlocutori africani.


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