Fonte: Global Research, 31 March, 2011 http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24077

Il governo giapponese può affrontare il suo enorme debito perché detiene l’istituto bancario che è il suo principale creditore. Ma i concorrenti cercano di forzare la privatizzazione della banca. Se ci riescono potrebbero spingere il paese alla dipendenza dal dominio finanziario straniero insieme con gli altri paesi schiavi nella morsa del debito.

Quando una portavoce del Fondo Monetario Internazionale ha affermato ad una conferenza il 17 marzo che il Giappone possiede i mezzi finanziari per riprendersi dal suo devastante tsunami, bloggers scettici si sono domandati cosa realmente intendesse, forse un “Siete da soli”?

La portavoce Caroline Atkinson ha ribadito: “Le priorità principali sono i bisogni umanitari, le infrastrutture, la ricostruzione e la situazione nucleare. Crediamo che l’economia giapponese sia forte e la società prosperosa e che il Governo abbia tutte le risorse finanziarie per affrontare tali priorità.” Alla domanda se il Giappone avesse chiesto assistenza al FMI, la portavoce ha risposto: Il Giappone non ha richiesto nessuna assistenza finanziaria dal Fondo Monetario Internazionale.”

Gli scettici continuano a chiedersi come un paese con un debito nazionale di oltre 200% del PIL possa definirsi “forte e prosperoso”. Secondo un elenco CIA Factbook dei rapporti debito/PIL di 132 paesi nel 2010, il Giappone si posizionava in cima alla lista al 226%, davanti allo Zimbabwe al 149%. Grecia e Islanda erano posizionate al quinto e sesto posto, rispettivamente al 144% e 124%. L’affidabilità creditizia del Giappone era ancora al AA, mentre Grecia e Islanda erano nella categoria BB. Come è riuscito dunque il Giappone a mantenere non solo la sua credibilità creditizia ma anche il suo status come seconda o terza economia mondiale, portando il peso di un debito così ingente?

La risposta potrebbe essere che il Governo Giapponese ha una fonte di finanziamento pubblico: possiede il deposito bancario più grande al mondo. Così il Vice Presidente Statunitense Dick Cheney ha affermato: “Il deficit non conta”. Il debito non ha dunque importanza, almeno, quando si dispone della banca che è il tuo principale creditore. Il Giappone è rimasto impenetrabile agli attacchi speculativi che hanno paralizzato paesi come la Grecia e l’Islanda perché la Nazione non è caduta nella trappola della dipendenza dai finanziamenti esteri.

Il Japan Post Bank è ora il più grande detentore di risparmio personale nel mondo, il ché lo rende il maggiore motore creditizio mondiale. La maggior parte di soldi oggi nasce come prestiti bancari, ed i depositi sono il fondo magico dal quale si genera questa moneta di credito. Il Japan Post non è solo la banca di deposito più grande al mondo ma anche il suo maggiore istituto bancario di proprietà pubblica. Dal 2007 è stata anche il più grande datore di lavoro in Giappone, ed il titolare di un quinto del debito nazionale sotto forma di titoli di Stato. Joe Weisenthal ha notato nel Business Insider nel febbraio 2010 quanto segue:

Poiché l’enorme debito pubblico giapponese appartiene in larga parte ai suoi cittadini, il Paese non si deve preoccupare a riguardo di investitori stranieri né corre il rischio di perdere la loro fiducia.

Se ci sarà una corsa al debito pubblico, avverrà come risultante del comportamento dei propri cittadini che non vogliono finanziarlo ulteriormente. E dal momento che molti giapponesi finanziano il Governo attraverso conti detenuti dal Japan Post Bank- che a sua volta acquista il debito pubblico- tale istituzione potrebbe essere il canale per un possibile cambiamento.

Questo potrebbe spiegare perché il Japan Post è stato il campo di battaglia di agguerrite fazioni politiche per oltre un decennio. Il Japanese Postal Saving System risale al 1875, ma nel 2001 il Japan Post fu concepito come una società pubblica indipendente, e fu il primo passo per la privatizzazione e la vendita al di fuori di investitori. Quando il neoeletto Primo Ministro Junichiro Koizumi ha tentato di far passare la ristrutturazione, ha incontrato una forte resistenza. Nel 2004 Koizumi ha mischiato il suo Governo, ha nominato riformisti come suoi ministri, ed ha creato la nuova posizione di Postal Privatization Minister, nominando Heizo Takenaka per tale ruolo. Nel marzo 2006 Anthony Rowley scrisse nel Bloomberg:

Privatizzando il Japan Post, [Koizumi] mira a rompere la stretta alla gola che politici e burocrati hanno a lungo esercitato sulle risorse finanziarie nipponiche e punta a iniettare fresca competizione nei servizi finanziari del paese. Il suo piano prevede di creare un obiettivo potenzialmente interessante sia per gli investitori domestici ché internazionali: la cassa di risparmio giapponese e le assicurazioni vantano un giro d’affari di oltre ¥380 miliardi ($ 3,2 miliardi di dollari)…

Ed un fondo d’affari di 3 miliardi di dollari è allettante davvero. Nella riorganizzazione del 2007, il Postal Savings Division è stato separato dagli altri dipartimenti, rendendo il Japan Post una banca a tutti gli effetti. Secondo un articolo dell’ottobre 2007 dell’Economist:

L’appena creato Japan Post Bank sarà libero di concentrarsi sulle attività bancarie, ed il suo nuovo status consentirà di diversificare in nuove aree di business, come la concessione di mutui ipotecari e le carte di credito. In una certa misura questa diversificazione sarà costretta alla nuova banca. Alcuni dei trattamenti speciali concessi al suo precedessore verranno revocati, costringendo il Japan Post Bank a investire più avventurosamente al fine di mantenere i depositari e, in utima analisi, ad attrarre investitori una volta che figureranno nel mercato azionario.

Questo era il piano, ed il Japan Post ha investito più avventurosamente; ma non ha ancora rinunciato ai suoi privilegi. Il nuovo ministro della finanza ha interrotto il processo di privatizzazione e le azioni della banca non sono state vendute. Nel frattempo, il consolidato Post Bank, è cresciuto esponenzialmente superando Citigroup come maggiore istituzione finanziaria al mondo; ed è stato ramificato in nuove aree di competenza, allarmando i concorrenti. Un articolo del marzo 2007 dell’USA Today ha avvertito: “Il colosso alimentato dal governo potrebbe approfittare del proprio peso per schiacciare i rivali, stranieri e nazionali.”

Sembrava muoversi in questa direzione fino allo tsunami del marzo 2011. Ma adesso si parla di un ritorno al modello liberista, vendendo i beni pubblici per trovare i fondi per la ricostruzione. Christian Caryl ha commentato in un articolo del 19 marzo in Foreign Affairs, pubblicato dal Council on Foreign Relations:

Per quanto orribile sia, la devastazione del terremoto ha presentato al Giappone e alla sua classe politica l’opportunità di avanzare quelle riforme che il Partito Democratico del Giappone ha da tempo promesso e di cui il popolo ha disperatamente bisogno.

In altre parole, l’occasione per gli investitori di mettere le loro mani sulla pregiata banca pubblica nipponica, e sull’enorme deposito che a lungo ha protetto l’economia dagli attacchi dei predatori finanziari stranieri.

Il governo giapponese può affrontare il suo ingente debito pubblico perché paga degli interessi estremamente bassi. Per l’economia privata il debito pubblico sono soldi reali. Un enorme debito pubblico che appartiene ai cittadini giapponesi significa che le imprese nipponiche hanno i soldi per la ricostruzione. Ma se il Japan Post venisse venduto a privati, gli interessi aumenterebbero sensibilmente, spingendo il governo nella trappola del debito che ha a lungo scampato.

Il popolo giapponese è estremamente patriottico, e non facilmente disposto ad una sottomissione straniera. I cittadini sono generalmente soddisfatti del loro governo, poiché credono che serva i loro interessi. Si spera che il governo avrà la lungimiranza e la forza di tener stretto il suo colosso pubblico e usarlo per sfruttare il risparmio del suo popolo nella misura necessaria per la ricostruzione delle infrastrutture devastate, evitando un debito paralizzante ad interessi stranieri.

Ellen Brown is an attorney and president of the Public Banking Institute, http://PublicBankingInstitute.org. In Web of Debt, her latest of eleven books, she shows how a private cartel has usurped the power to create money from the people themselves, and how we the people can get it back. Her websites are http://webofdebt.com and http://ellenbrown.com.

(Traduzione di Erica Saltarelli)


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