Domenico Caldaralo

 

Recentemente l’India sembrerebbe avere raggiunto un punto di svolta nel proprio posizionamento in ambito internazionale, decidendo di inaugurare una nuova stagione di confronto con la Cina.  L’accordo sugli scambi logistici stipulato il 12 aprile scorso tra il Segretario alla Difesa Ashton Carter e l’omologo indiano Manohar Parikar, segna un passo decisivo del governo Modi in direzione di una stringente cooperazione militare India-USA. Durante l’incontro è avvenuta la firma di uno dei tre accordi richiesti nell’ambito della collaborazione militare dagli USA, ovvero quello sugli scambi logistici. (1) L’intesa comporta scambi tecnologici e cooperazione militare tra USA e India (tra l’altro c’è la possibilità che vi sarà il libero accesso alle basi militari indiane), preannunciando la volontà dell’India di contenere la potenza marittima cinese, prendendo parte al grande gioco del containment statunitense e del Pivot to Asia.

L’apparente tranquillità nelle relazioni tra India e Cina si riflette nei rapporti tra il primo ministro Modi e il presidente cinese Xi Jinping, che hanno avuto sempre relazioni cordiali. Numerosi sono stati gli incontri bilaterali e le visite reciproche. Nel maggio 2015 la visita di Modi in Cina aveva aperto gli orizzonti di una cooperazione serrata tra Cina e India, rafforzata nel luglio successivo durante il summit BRICS-SCO a Ufa, capitale della repubblica di Baschiria, in Russia. Nella visita di Modi in Cina del maggio 2015, rompendo il protocollo, il presidente cinese aveva deciso di svolgere il meeting ufficiale nella propria città natale di Xian, al termine del quale avveniva trai due leader anche un tour informale nei principali siti storici buddisti di Xian. Il Presidente Xi rispose in questo modo al gesto di ospitalità dimostrato da Modi quando decise di accogliere Xi nella nativa Ahmadabad nel settembre 2014.

La visita di Modi in Cina nel 2015 aveva avuto ad oggetto anche la disputa confinaria tra i due paesi. La speranza in una risoluzione delle storiche tensioni sino-indiane, sul modello della cooperazione raggiunta anche in ambito confinario tra Russia e Cina, aveva portato a disegnare scenari di raccordo del triangolo sino-russo-indiano, in grado di rimuovere definitivamente il ruolo degli USA e di consentire il saldamento dell’intesa trai tre paesi nel solco dell’integrazione eurasiatica, perseguita in ambito SCO. India, Russia e Cina sono inoltre membri del BRICS, di cui l’India ha assunto la presidenza di turno, il cui prossimo vertice si terrà proprio in India, a Goa, il prossimo ottobre.

La cooperazione bilaterale russo-indiana appare al tempo stesso portatrice di legami specifici tra i tre attori eurasiatici. Nel dicembre 2015 il premier indiano Modi aveva visitato Mosca nuovamente dopo il vertice di Ufa, stringendo accordi in ambito militare, spaziale, culturale e nucleare. (2) L’apertura del processo di ingresso dell’India come partner nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (messa ora in forse dal cambio di politica estera di New Delhi), allargata anche al vicino e ostile Pakistan (tradizionale alleato della Cina), aveva fatto sperare nella possibilità di un miglioramento dei rapporti indo-pakistani nel contesto della cooperazione eurasiatica.  Se i rapporti bilaterali tra Russia e India risultano saldi e di vecchia data (essi risalgono nel loro indirizzo cordiale attuale al 2000, quando venne siglata la dichiarazione sulla Partnership Strategica tra India e Russia), quelli sino-indiani risultano guastati sin dalla guerra di confine combattuta nel 1962. L’insolubilità dei contrasti tra India e Pakistan tuttavia suggerisce uno scenario in cui l’India, volgendo le spalle alla Cina, si contrappone al Pakistan aprendo le braccia ai sauditi, anch’essi in rotta col Pakistan (come suggerisce la recente visita di Modi a Riad), mentre il Islamabad, rinsaldando i legami con la Cina attraverso il progetto del One Belt One Road, volge le spalle a Washington e Riad. (3)

Recentemente le manovre degli USA volte ad accentuare la presenza minacciosa nelle acque del Mar Cinese meridionale rivendicate dalla Cina, hanno aumentato la tensione nell’area. L’India ha rifiutato di pattugliare le coste accanto agli USA, che rivendicano la neutralità internazionale delle acque del Mar Cinese meridionale, ma tuttavia la sua posizione sul tema della disputa appare in linea con quella espressa dagli Stati Uniti  e dal Giappone. I tre paesi condividono infatti una sempre più marcata dipendenza dalle rotte di approvvigionamento navali che passano per le zone oggetto della controversia. (4)  In questo atteggiamento v’è evidentemente il desiderio dell’India di non intaccare i rapporti con Vietnam e Filippine (concorrenti della Cina), parti in causa delle disputa nel Mar Cinese, ma anche la valutazione di una necessità economica di preservare l’integrità delle rotte di transito dell’area verso lo stretto di Malacca e sboccanti nell’Oceano indiano.

Il governo nazionalista di Narendra Modi in definitiva sembra aver abbandonato la tradizionale postura di non allineamento (sempre mantenuta dal Partito del Congresso), ponendo al centro delle proprie azioni l’interesse di New Delhi. Questo orientamento è da ricercare nella matrice politica del primo ministro Modi,  dirigente della Rashtriya Swayamsevak Sangh, ala paramilitare del partito conservatore e nazionalista indù Bharatiya Janata (vincitore delle scorse elezioni all’interno dell’Alleanza Nazionale Democratica). Modi, quale prodotto dell’ideologia nazionalista di stampo induista dei movimenti riconducibili al “Sangh Parivar”, sostiene il progetto della “Grande India” (Bahrat Mata), che punta a fare del subcontinente, tramite il potenziamento militare, un protagonista della scena asiatica, tanto nel confronto con il vicino e ostile Pakistan quanto con la Cina. (5)

La vendita di armi (e in particolare degli F16) degli USA al Pakistan può contribuire (se non lo ha già fatto) ad aprire crepe nei rapporti di intesa tra USA e India, ma la politica di New Delhi di fiancheggiamento degli interessi degli americani nell’Oceano Indiano e delle rivendicazioni nel Mar Cinese meridionale, le cui acque rientrano in una zona di influenza e frequentazione secolare cinese, certamente non depone a favore di un mantenimento di rapporti di buon vicinato tra Cina e India, a dispetto delle aperture di facciata, volte a rassicurare il gigante cinse, da parte di Modi. (6)

 

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1) http://www.defensenews.com/story/defense/international/2016/04/12/india-us-reach-agreement-logistics-boost-defense-ties/82936758/
2) http://www.ilcaffegeopolitico.org/39524/russia-e-india-quali-prospettive-per-le-relazioni-bilaterali
3) http://en.riss.ru/analysis/19516/
4) http://www.cinaforum.net/oltre-la-muraglia-812-india-mar-cinese-meridionale/
5) http://www.marx21.it/index.php/internazionale/asia-e-oceania/26842-lindia-di-modi-si-arrende-allimperialismo
6) http://www.ilcaffegeopolitico.org/37948/gli-usa-il-pivot-anticinese-e-i-pericoli-di-guerra
 

 


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