La guerra civile yemenita è scoppiata nel 2014, quando gli insorti Huthi, raccogliendo intorno a sé il diffuso malcontento popolare causato dalla continua e “duplice ingerenza statunitense e saudita 1 nei propri affari interni, hanno conquistato la capitale yemenita Sana’a, inducendo il presidente Hadi a riparare in Arabia Saudita e a chiedere al governo di Riad di intervenire militarmente contro i ribelli. Il 26 marzo 2015, incoraggiata dal tacito consenso degli Stati Uniti, l’Arabia Saudita ha lanciato la massiccia campagna di bombardamento denominata “Tempesta di Risolutezza”, ancora in corso. Attualmente, le forze in campo si dividono in tre gruppi: gli Huthi, guidati da Ansar Allah e appoggiati dall’Iran (che conquistano sempre più terreno), il governo in esilio di Hadi, appoggiato dall’Arabia Saudita, e il Consiglio Meridionale di Transizione, di minor peso e appoggiato dagli Emirati. La guerra nello Yemen ha fino ad ora causato la morte violenta di un numero di persone che si ritiene vada dalle 100.000 alle 250.000, a cui vanno aggiunti 4 milioni di sfollati e 24 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria. La guerra in Yemen è ritenuta la più grave catastrofe umanitaria in corso, “di cui al momento è quasi vietato parlare e scrivere” 2 Il silenzio del circo mediatico e del clero giornalistico si può forse spiegare sottolineando l’importanza strategica dello Yemen e il ruolo che due alleati degli Stati Uniti – l’Arabia Saudita e il Regno Unito – stanno giocando nel conflitto e, quindi, la loro più o meno diretta responsabilità nella tragedia che sta piegando la popolazione yemenita.

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Per quanto i bombardamenti contro le forze Huthi siano eseguiti dai sauditi, è ormai indubbio che il Regno Unito abbia giocato un ruolo di accompagnamento a quello saudita sin dall’inizio della campagna aerea. Dal 2015 “il Regno Unito ha concesso licenze in armi per almeno 5,4 miliardi di sterline al regime saudita. 2,7 miliardi di sterline sono stati spesi in licenze ML10, compresi aerei, elicotteri e droni, e 2,5 miliardi in licenze ML4, comprese granate, bombe, missili e contromisure. Nel giugno 2020, l’ONU ha riferito che più del 60% delle morti civili in Yemen è causato da attacchi aerei a guida saudita. Il BAE Systems – la più grande azienda di armi del Regno Unito – ha fatturato 15 miliardi di sterline di entrate da vendite e servizi all’Arabia Saudita dal 2015” 3

John Develler, ex dipendente del Ministero della Difesa inglese in Arabia Saudita, ha affermato che “i sauditi dipendono completamente dal BAE Systems. Non potrebbero far nulla senza di noi”. Il sostegno inglese ai sauditi va oltre la semplice vendita di armi ed equipaggiamento bellico: si calcola che in Arabia Saudita ci siano attualmente circa 6.300 forze britanniche che forniscono continuo sostegno logistico, a cui vanno aggiunti circa 80 soldati RAF. Un dipendente del BAE ha commentato così la cosa: “Se non ci fossimo noi [inglesi], nel giro di sette o quattordici giorni non si sarebbe più nemmeno un jet [saudita] in cielo”.4

L’aiuto inglese all’Arabia Saudita non è stato esente da critiche interne. Per via dell’illegalità, dal punto di vista del diritto internazionale, dell’intervento saudita nello Yemen, nel 2019 un tribunale nazionale inglese ordinò l’immediata interruzione della vendita di armi perché usate anche contro la popolazione civile. Tale sentenza è stata tuttavia de facto annullata l’anno seguente dal segretario di Stato per il commercio nazionale Liz Truss: questi ha affermato che si poteva riesumarla in seguito ad “accertamenti” secondo i quali tali armi non sarebbero state usate contro i civili, confermando così la volontà del Regno Unito di proseguire nel proprio ruolo di sostegno all’Arabia Saudita.

L’importanza dello Yemen

La scelta inglese e saudita di intervenire nello Yemen è dovuta al fatto che, volendo questi due attori mantenere il proprio rapporto privilegiato col gigante nordamericano, essi devono supplire alle “responsabilità” affidate loro dagli Stati Uniti mentre questi si occupano dell’Asia. Per esempio, la “necessità di Londra di crearsi uno spazio d’azione” ha spinto il Regno Unito “alla valorizzazione dei legami già esistenti tra le due sponde dell’Atlantico” 5 , in modo da coltivare e ravvalorare la “relazione speciale” di cui gode con il gigante d’oltreoceano dopo essersi staccata dall’Unione Europea. E da questa prospettiva, se la guerra per procura contro lo Yemen è in effetti una delle “responsabilità” a cui Riad deve supplire mentre gli Stati Uniti si concentrano in Asia, il sostegno bellico e logistico inglese a Riad è una delle “responsabilità” che ricadono sulle spalle di Londra.

La Repubblica dello Yemen si situa in una posizione strategica di primaria importanza per quanto concerne il dominio delle rotte marittime; dominio che, come affermato dalla strategia navale statunitense per il decennio 2020-‘30, decreterà la bilancia di potenza nel XXI secolo.6 Secondo quanto indicato da questa strategia, gli Stati Uniti devono mantenere il dominio del mari ottenuto in seguito alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, ma devono altresì condividerlo e caricandolo parzialmente sulle spalle degli “alleati” onde tener testa agli attori che stanno erodendo la loro supremazia navale (principalmente: Cina, Russia e Iran). Infatti, “avere il controllo sullo Yemen significa possedere il controllo della via di comunicazione [marittima] tra Occidente e Oriente”.7  Lo stretto di Bab al-Mandeb, che separa la Penisola Arabica dal Corno d’Africa, può essere facilmente chiuso da una potenza che sfrutta lo Yemen come fulcro terrestre; esso è, con lo stretto di Gibilterra, il punto terminale che connette la rotta marittima che, passando per il Mediterraneo, il canale di Suez e il Mar Rosso, connette l’Oceano Atlantico con l’Indo-Pacifico. Chi è padrone di questi punti nevralgici del mare è perciò padrone anche di una delle principali rotte marittime mondiali.

Nello specifico, il rivale degli Stati Uniti che Arabia Saudita e Regno Unito stanno combattendo nello Yemen è l’Iran. Infatti, se la Repubblica Islamica ottenesse, tramite i ribelli Huthi che sta sostenendo, un accesso diretto allo stretto di al-Mandeb, “la bilancia di potenza della regione cambierebbe in modo significativo”8  ai danni degli Stati Uniti, poiché la supremazia statunitense in quelle acque risulterebbe enormemente rivalutata in favore del rivale iraniano. A ciò va inoltre aggiunto che “uno Yemen controllato dagli Huthi sarebbe un potenziale cliente per le compagnie petrolifere russe o cinesi”9.  

In ogni caso, “se l’Arabia Saudita è finora il grande sconfitto della guerra” e il Regno Unito ha perso molto in termini di immagine, “la popolazione yemenita è indubbiamente la grande vittima”10.  Il ruolo giocato dall’Arabia Saudita e dal Regno Unito, due dei principali alleati statunitensi, nello Yemen – e quindi la loro più o meno diretta responsabilità nella tragedia che sta piegando il Paese – spiega per quale ragione i mezzi di comunicazione occidentali tacciano su quella che le Nazioni Unite hanno definito una delle più gravi crisi umanitarie in corso.


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  1. Haniyeh Tarkian, La guerra contro lo Yemen, in “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, 3/2019, p. 142
  2. Marco Pondrelli, Continente eurasiatico. Tra nuova guerra fredda e prospettive di integrazione. Prefazione di Alberto Bradanini, Anteo, 2021, p. 89.
  3. Gabrielle Pickard-Whitehead, UK urged to follow Biden’s lead and end Yemen war support,  leftfootforward.org, 8 febbraio 2021
  4. Arron Merat, ‘The Saudis couldn’t do it without us’: the UK’s true role in Yemen’s deadly war, theguardian.com, 18 giugno 2019
  5. Andrea Muratore, Il tramonto della “global Britain”?, eurasia-rivista.com, 3 luglio 2020
  6. Per una analisi della nuova strategia navale statunitense si veda: Marco Ghisetti, “Advantage at Sea”: la nuova strategia navale statunitense, 26 dicembre 2020, eurasia-rivista.com
  7. Haniyeh Tarkian op. cit., p. 142
  8. Angelo Young, War In Yemen: Tankers Moving Unimpeded Through Bab Al-Mandeb Oil Shipment Choke Point, Says Kuwait Petroleum Corporation, 29 marzo 2015, ibtimes.com
  9. William F. Engdahl, Yemen Genocide About Oil Control, 20 novembre 2018, williamengdahl.com
  10. Massimiliano Palladini, Cinque anni di guerra in Yemen, in “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” 4/2020, p. 196
Marco Ghisetti è dottore in Politica Mondiale e Relazioni Internazionali e in Filosofia. Ha lavorato e studiato in Europa, Russia ed Australia. Si occupa principalmente di geopolitica, sia pratica che teorica, teoria politica e filosofia politica. Tra i vari centri studi che hanno pubblicato i suoi articoli, oltre a “Eurasia”, vi sono l’“Osservatorio Globalizzazione” e “Geopolitical News PR”.