Prima parte: http://www.eurasia-rivista.org/lintrigo-giuridico-internazionale-del-caso-assange-parte-1/17074/

 
Qualche settimana fa, attraverso una nota ufficiale, il Governo degli U.S.A. dichiarava di non riconoscere il concetto espresso all’interno della Convenzione di Caracas con cui l’OSA introduceva nel panorama internazionale lo status giuridico di Asilo Diplomatico(1). Le motivazioni espresse da Washington erano molto chiare: gli Stati Uniti d’America non avevano firmato quella convenzione e quindi non la riconoscono come materia riguardante il diritto internazionale.

A questo punto occorre fermarsi e concedersi un po’ di tempo per analizzare, dal punto di vista del diritto internazionale, la questione.

Innanzi tutto è necessario ricordare cosa si intende per Asilo Diplomatico e le condizioni perché esso sussista:  ovvero possa essere richiesto e successivamente concesso ad un individuo.

Lo status giuridico di ”rifugiato diplomatico” è nato all’interno della Convezione sull’asilo Diplomatico o Convenzione di Caracas del 1954. E’ stato adottato il 23 marzo del 1954 durante la Decima Conferenza Interamericana ed è entrato in vigore il 29 dicembre dello stesso anno(2).

Per Asilo Diplomatico si deve intendere quel rifugio che la missione diplomatica (ambasciata) di uno Stato straniero concede ad un individuo che si sente e viene reputato perseguitato per motivazioni politiche (e non) dalle autorità dello stato di residenza. E’ comunque necessario, perché l’Asilo Diplomatico venga concesso, che si verifichino delle specifiche condizioni e  ”giustifichino” l’utilizzo di tale status giuridico.

Prima tra tutte è la definizione del ”fumus persecutionis” ovvero la ”parvenza di persecuzione”. Questa espressione indica che le azioni compiute dal soggetto giuridico ( in questo caso i soggetti giuridici in causa sono tre: U.S.A., Svezia e Regno Unito) non sembrano dettate dalla volontà di applicare la legge o di ricercare la verità, tuttavia dall’intenzione di nuocere a una persona od ente preciso.

In secondo luogo l’individuo che richiede tale status deve fornire alcune garanzie al paese ospitante (lo stato che ha sovranità sull’Ambasciata) quali la cessazione di qualsiasi attività di tipo politico per tutto il periodo che interesserà la sua permanenza all’interno delle mura della sede diplomatica.

Terza ed ultima condizione ”sine qua non” è l’obbligo da parte del beneficiario dell’asilo, di abbandonare subito l’Ambasciata nel momento in cui risulti palesemente impossibile la creazione di un salvacondotto che gli permetta di oltrepassare la frontiera dello Stato di residenza.(3)

L’ Asilo Diplomatico è direttamente connesso al concetto di ”extraterritorialità” delle sedi diplomatiche. Seguendo le linee guida dettateci da questa teoria, l’ambasciata dell’Ecuador  è a tutti gli effetti un lembo territoriale dello Stato ecuadoregno e quindi è ad esso che spetta la pertinenza territoriale. Vien da se che quella porzione di territorio è assolutamente invalicabile per le forze di polizia dello Stato ospitante. Nel caso questa condizione non fosse rispettata, l’utilizzo della forza per entrare all’interno dell’ambasciata equivarrebbe ad una ”più classica” invasione.

Risulta comunque evidente che, in questo momento storico, non è tanto quest’ultima teoria a far desistere le forze armate inglesi ad entrare nella sede diplomatica, quanto l’importanza della funzione diplomatica stessa svolta dalla sede e la volontà di conservare dei rapporti con il paese ospitato.

Le garanzie all’inviolabilità e alla tutela delle sedi diplomatiche si trovano all’interno della Convenzione di Vienna del 1961 che si occupa di definire i criteri che regolano le relazioni diplomatiche – Questi devono essere osservati anche nel caso di un conflitto armato tra entità statuali.

 

 

E’ possibile trovare una soluzione al caso Assange?

Una volta messa sul tavolo una descrizione ”giuridica” del caso è interessante analizzare quali, secondo il diritto internazionale, possono essere le soluzioni per uscire dall’impasse del caso Assange.

La prima possibilità che offre il diritto internazionale è senza dubbio la più veloce e meno rischiosa, ma probabilmente inapplicabile in questa specifica situazione: la concessione di un salvacondotto da parte del paese ospitante la Missione diplomatica.  L’utilizzo del salvacondotto ”secco” è una possibilità che trova riscontro in diverse situazioni all’interno dello scenario della storia più o meno recente. In primo luogo si potrebbero citare i molteplici rimpatri, attraverso l’azione delle ambasciate, avvenuti durante la guerra civile spagnola (1936-1939). In questo caso però ci si trova davanti ad un ”diritto internazionale” ancora in stato embrionale poiché antecedente alla fine della Seconda Guerra Mondiale e quindi definito, ancora, dagli accordi presi dagli Stati all’interno della ”Società Delle Nazioni”(4).

Più recente e quindi regolato da un diritto internazionale molto più simile a quello contemporaneo (se bene molto condizionato dalla politica dei ”due blocchi”) è il caso successivo al golpe del Generale Pinochet nel 1973. In tale occasione molti sostenitori del Governo Allende ottennero asilo nelle Ambasciate messicane, di Panama e del Venezuela e poterono espatriare grazie all’utilizzo di un salvacondotto.

Valutando, come già detto, alquanto improbabile tale possibilità; al Governo di Quito resterebbe comunque una soluzione ”non del tutto lecita”. Ovvero l’abuso della Valigia Diplomatica. Le sedi diplomatiche infatti hanno la possibilità di inviare dei contenitori con sopra la dicitura ”the diplomatic bag” oppure ”valise diplomatique”(5) direttamente dall’ ambasciata alla propria capitale. Risulta però illegale trasportare esseri umani all’interno di tali contenitori che, se molto gradi, subiscono controlli minuziosi alla frontiera.

Il secondo escamotage possibile è quello solitamente più utilizzata in situazioni simili: il negoziato tra gli stati (in questo caso tra Inghilterra ed Ecuador).

Per comporre un quadro più completo è necessario ricordare un caso analogo accaduto qualche tempo fa(5) proprio ad uno degli attori giuridici che stanno prendendo parte a questa controversia. Si tratta del ”caso Chen Guangcheng”, un avvocato cinese, cieco, che dopo essere stato condannato agli arresti domiciliari dal Governo di Pechino ed esservi rimasto per due anni, decise di rifugiarsi all’interno dell’Ambasciata statunitense. La scelta temporale non fu casuale: la settimana successiva, all’interno della sede diplomatica, si sarebbe tenuto il vertice annuale tra i due Stati. L’avvocato Guangcheng era stato arrestato e condannato per attività sovversive e per Washington sarebbe stato quanto meno imbarazzante svolgere un vertice di tale importanza nella stessa struttura in cui veniva dato asilo ad un personaggio cosi scomodo alla nomenclatura del Partito Comunista Cinese. I due Stati scelsero di affrontare la situazione attraverso l’istituto del negoziato come consigliatoli, in maniera più o meno formale, dalla Corte Internazionale di Giustizia che fece espressamente riferimento al caso De La Torre(6).

Il negoziato sembrò lo strumento più adatto anche per non mostrare la fragilità di tali rapporti diplomatici, davanti l’intera Comunità Internazionale.

Prese quindi il via una fitta serie di incontri tra le alte cariche diplomatiche dei due paesi alla fine dei quali, con somma soddisfazione di Washington, si giunse ad un accordo che prevedeva la conferma dell’asilo diplomatico all’avvocato cinese. Successivamente, il Governo statunitense comunicava in una nota ufficiale, che Pechino aveva concesso un salvacondotto.(7)

Una ulteriore possibilità è data dalla concessione della residenza nell’ambasciata all’individuo al quale è stato concesso asilo. Anche questo caso è stabilito dalla Convenzione di Vienna.

Il periodo di soggiorno nella sede diplomatica può essere molto lungo – nel 1956 un Monsignore ungherese, Jozsef Mindszenty, rimase per 19 anni all’interno dell’ambasciata U.S.A. a Budapest.  L’ecclesiasta era stato condannato per un reato riguardante l’attività sovversiva nel 1956, durante l’aspra repressione agli oppositori messa in atto dall’allora Governo.

L’ultima possibilità, a meno di una modifica delle attuali norme che regolano il rapporto tra stati, non è dettata dal Diritto Internazionale che potrebbe solo regolarne le conseguenze. Si tratta dell’uso della forza da parte dello stato ospitante l’ambasciata. Questa soluzione può articolarsi in due modi: il prelievo coatto dell’ individuo violando i confini della struttura ospite o la cessazione immediata dei rapporti diplomatici tra i due stati con il conseguente dissolversi dell’inviolabilità della sede. Entrambe queste possibilità non sembrano al momento contemplabili per il Governo di Londra che, così facendo, potrebbe scatenare una reazione a catena in tutti i Paesi del continente latinoamericano che hanno strizzato l’occhio all’Ecuador nel prendere questa decisione. Non solo. Gli inglesi esporrebbero le proprie sedi diplomatiche all’estero al medesimo trattamento.

E’ inoltre opportuno ricordare che il caso Assange non coinvolge solo Ecuador e Regno Unito ma anche Stati Uniti, Svezia e  l’Australia – in quanto Paese natio del giornalista.

In uno scenario internazionale già logoro dalla crisi economica e messo in tensione dalle spinte protagonistiche delle economie di nuovo sviluppo, la prospettiva di una rottura diplomatica tra una parte dell’occidente e la macro-area Latinoamericana non sembra essere gradita a nessuna delle parti.

 

 

Conclusioni

Il diritto internazionale si mostra al mondo in tutti  i suoi limiti. La sua architettura lascia trasparire quello che da molto tempo è oggetto di discussione per molti giuristi: la capacita dello ”ius Gentium” di essere il diritto della comunità degli stati, un diritto al di sopra di essi e dei loro ordinamenti interni e non solo la regolazione dei loro rapporti vincolata alla capacità di accordarsi da parte dei soggetti giuridici implicati nelle controversie. Non si può quindi giungere ad una soluzione definitiva e soddisfacente, ma soltanto provare ad ipotizzare le prossime mosse o prevedere l’entrata in campo di attori interessati che fin ora sono rimasti silenti. Non vi è stata infatti ancora un tentativo di forzatura da parte del Governo Svedese ne un comunicato da parte di un funzionario di Camberra (si tratta pur sempre di un cittadino australiano). In situazioni simile, inoltre, è  fondamentale, insieme all’attenzione mediatica, il lavoro svolto dalle associazioni per la salvaguardia dei diritti dell’uomo che in molte occasioni hanno fatto pendere l’ago della bilancia da una parte piuttosto che dall’altra (non ultimo il già citato caso Guencheng).

Rimane comunque importante e non solo per i giuristi, un’analisi approfondita di questo episodio al quale si tengono aggrappati molti degli equilibri che fin ora hanno governato sia la modernità che la contemporaneità. É interessante infatti notare come un Paese quale gli Stati Uniti d’ America che ha costruito la propria immagine davanti e all’intera Comunità Internazionale, ergendosi più volte come paladino del concetto di ”libertà in tutte le sue forme e accezioni”, si trovi ora dall’altra parte dello specchio.

Forse una suggestione al riguardo la si può trovare nel testo dal titolo “La Democrazia in America 1835/40” scritto dall’appassionato studioso e politologo Alexis de Tocqueville che proprio a proposito della libertà di stampa scriveva:

”Per raccogliere i beni inestimabili prodotti dalla libertà di stampa, bisogna sapersi sottomettere ai mali inevitabili che essa fa nascere.”

 

 

*Tiziano Ceccarelli laureando in Cooperazione e Sviluppo presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

 


(1)Testo in lingua originale(inglese) http://www.oas.org/juridico/english/treaties/a-46.html

(2) in conformità con l’articolo 23. Testo: OAS Official Records, OEA/Ser.x/1 Treaty Series 34 – testo

(3) Sebbene sulla carta questa sia una condizione fondamentale nella richiesta dell’asilo nella pratica è molto improbabile che si verifichi. La palese impossibilità può essere data dalla cessazione dei negoziati che, solitamente, in casi come questo va di pari passo con l’interruzione dei rapporti diplomatici.

(4)la Società Delle Nazioni viene sostituita dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale dall’ONU il 24/10/1945.

(5)http://www.pdfhost.net/index.php?Action=Download&File=a8e5d43870a4fe8514afd401395c7a08

(6) Chen Guangcheng si rifugia nell’ Ambasciata U.S.A. a Pechino il 27/04/2012.

(7) Haya De La Torre( fondatore della Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana che sarà il centro del movimento latinoamericano definito l’Aprista) si rifugiò nel novembre del 1948 nell’ Ambasciata colombina dopo che il suo partito venne dichiarato illegale per la seconda volta in seguito all’elezione di Josè Luis Bustamante y Rivero come presidente del Perù.

(6)note del Ministro Clinton sulla concessione di un salvacondotto (ENG)-http://iipdigital.usembassy.gov/st/english/texttrans/2012/05/201205024909.html#axzz2677ANuWN-http://www.state.gov/secretary/rm/2012/05/189090.htm


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