L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS) ha origine nei processi di distensione delle relazioni russo-cinesi, avviati nel corso degli anni’90. A partire dal 1996 si avrà il definitivo coinvolgimento di tre ulteriori Paesi dell’area ex-sovietica – Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan – con la firma di due trattati a distanza di un anno, riguardanti la reciproca fiducia e la riduzione della presenza militare dai confini territoriali. Nasce così il Gruppo di Shanghai, che nel 2001 firmerà la Dichiarazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, nella quale si esprimerà un plauso per il lavoro svolto dal Gruppo sino a quel momento e dichiarazioni programmatiche su più strette forme di integrazione in diversi ambiti. Con l’istituzione dell’Organizzazione è stato anche ammesso un nuovo membro, l’Uzbekistan, e negli anni successivi hanno acquisito status di osservatori prima la Mongolia e successivamente India, Iran e Pakistan. I delicati problemi sorti nella regione dalla guerra in Afghanistan del 2001 hanno portato alla creazione di un rapporto privilegiato con questo Paese mediante l’istituzione del Gruppo di Contatto OCS – Afghanistan. Bielorussia e Sri Lanka sono invece coinvolti al livello di partner per il dialogo. Inoltre, negli anni si sono stabilite relazioni tanto con istituzioni internazionali regionali (UE, CSI, ASEAN, CSTO, etc.) quanto con le Nazioni Unite, presso la cui Assemblea Generale l’Organizzazione gode dello status di osservatore.

Col tempo l’OCS ha ampliato notevolmente le proprie sfere di competenza; obiettivo primario dichiarato dall’Organizzazione è la sicurezza e la lotta ai “tre mali” (terrorismo, separatismo ed estremismo) (1) ma numerosi progetti di sviluppo e cooperazione sono stati avviati nei più svariati ambiti (energia, economia, scienze, finanza, trasporti, salute, cultura, etc.)

In questi dieci anni di attività dell’Organizzazione, gli analisti si sono interrogati sulle finalità della stessa, tanto quelle ‘ufficiali’ quanto quelle ‘ufficiose’.
Non vi è dubbio che la lotta ai “tre mali” rappresenti un interesse vivo di tutti i Paesi membri dell’organizzazione: fenomeni di destabilizzazione legati a terrorismo, traffico di droga e frizioni inter-etniche sono infatti molto sentite nell’area come fattore di rischio della stabilità interna e della sicurezza dei confini.
Tuttavia, è altrettanto evidente che le due grandi potenze del Gruppo, Cina e Russia, cercano di affidarsi all’Organizzazione per ben più ampie finalità strategiche. Una lettura delle finalità della Cooperazione, basata sugli insegnamenti della geopolitica classica, è offerta da un analista sulle pagine del Teheran Times: “Secondo le teorie di Brzezinski, il controllo della massa continentale eurasiatica è la chiave per accedere al dominio del globo e il controllo dell’Asia Centrale è la chiave per il controllo della massa continentale eurasiatica. Sembra che Russia e Cina hanno prestato attenzione alle teorie di Brzezinski, con la creazione dell’ Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nel 2001, apparentemente al fine di contrastare l’estremismo nella regione e accrescere la sicurezza nei confine, ma più probabilmente con il reale intento di controbilanciare le attività degli Stati Uniti e della NATO in Asia Centrale” (2).

In effetti, le dichiarazioni rese negli incontri ufficiali dell’Organizzazione, nonché i discorsi del Segretario Generale in diverse occasioni, pongono spesso l’attenzione sullo sviluppo in senso multipolare del mondo, concetto che, pur indirettamente, rimarca la volontà di andare oltre l’unipolarismo su base statunitense affermatosi con la fine della Guerra Fredda. Vi sono state inoltre, nella vita dell’Organizzazione, significative prese di posizione in contrasto diretto con gli USA, come la richiesta del 2005 di fissazione di un termine ultimo alla presenza militare statunitense nelle basi centroasiatiche di supporto alle operazioni belliche in Afghanistan (3) ed anche il parere negativo alla richiesta USA di ottenere lo status di osservatore in seno alla SCO (4). E’ evidente comunque che l’OCS non può né vuole al momento porsi in netta contrapposizione rispetto agli USA e ad organizzazioni occidentali quali la NATO. Degno di rilievo al riguardo è lo sbarramento posto all’Iran nella procedura verso l’ottenimento dello status di piena membership (ricordiamo che al momento il Paese persiano è osservatore dell’Organizzazione): al summit di Tashkent del 10-11 giugno scorso, cominciato all’indomani del varo delle sanzioni contro l’Iran in sede ONU, i membri della SCO hanno definito i requisiti per l’ammissione di nuovi membri, sancendo la preclusione all’accesso per i Paesi sottoposti a sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (5). Una simile presa di posizione sembrerebbe derivata proprio dalla volontà di evitare una netta contrapposizione ed un crescere di tensione nei rapporti con l’Occidente; analogamente, può vedersi funzione ‘distensiva’ in diverse dichiarazioni ufficiali come quella fatta nel 2006 dal Rappresentante Permanente per la Russia presso il Segretariato dell’Organizzazione, il quale ebbe a dire che l’OCS “non intende trasformarsi in un blocco militare” (6); una risposta all’interesse e all’apprensione di analisti e politici verso il crescente impegno militare dell’Organizzazione.

Di là da una comune visione strategica russo-cinese, tesa ad affermare la stabilità della regione e l’esclusione di influenze esterne, vi sarebbe secondo molti analisti una tacita ripartizione interna di competenze fra le due Potenze, tale per cui la Cina sarebbe interessata soprattutto all’incremento dei rapporti economici ed energetici con i Paesi centroasiatici, la Russia invece avrebbe soprattutto interesse al consolidamento della sicurezza e dei rapporti strategici. Una simile ripartizione troverebbe addirittura conferma ‘topografica’ nella locazione della struttura anti-terrorismo dell’Organizzazione a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan (rientrato nell’orbita russa nel periodo di costituzione della struttura stessa) e del Segretariato Generale, nonché del Business Council, dalle competenze latamente economiche, a Shanghai (7). Tale suddivisione può apparire veritiera, ma solo per grande approssimazione. Vero è che la Russia avrebbe prioritari interessi strategici nell’area anche in reazione alla  dottrina di accerchiamento a suo danno che prende il nome da Brzezinski e che avrebbe trovato attuazione nei tentativi – in buona parte falliti nel medio periodo – di allontanamento dall’orbita russa di Paesi tradizionalmente ad essa legati. Il consulente per la Difesa USA Gene Germanovich ha descritto la missione dell’OCS nel 2007 sugli Urali come finalizzata a “[sconfiggere] un’organizzazione terroristica, o [neutralizzare] una sollevazione di massa sullo stile delle Rivoluzioni Colorate”. E’anche vero però che le autorità cinesi hanno mostrato grande interesse per le opportunità di potenziamento strategico offerto dalle esercitazioni militari dell’Organizzazione (8).
Sul versante economico, finanziario ed energetico la Cina ha potuto godere di enormi opportunità di sviluppo nelle relazioni con le Repubbliche centroasiatiche; d’altro canto, da parte russa sono venute ambiziose proposte di sviluppo della Cooperazione, con l’idea della creazione di un mercato unificato dell’energia assieme ad un energy club regionale (10), così come – sul versante finanziario – l’invito all’uso delle valute nazionali per l’inter-scambio nell’area, come approccio iniziale verso l’adozione di una valuta sovranazionale regionale (11).

In ogni caso, appare chiaro che per un consolidamento dell’istituzione di Shanghai ed una sua crescente affermazione nel panorama globale sarà necessario un equilibrato ed armonico sviluppo delle relazioni russo-cinesi. L’OCS viene spesso paragonata – anche impropriamente – alla NATO; oltre alle grandi differenze qualitative fra le due realtà internazionali, vi è un banale rilievo legato alla differenza nei rapporti di forza: la NATO è sotto l’egida USA, la quale non è messa in discussione dagli altri Paesi dell’Alleanza. La SCO vede invece la convivenza al suo interno di due grandi Potenze (che potrebbero diventare tre con la potenziale inclusione dell’India) e quindi necessita di accordo fra le stesse sulle linee politiche e strategiche fondamentali, per le quali è dunque necessario che le relazioni fra i due Paesi siano caratterizzate da solidità, stabilità e reciproca fiducia. In effetti, il decennio appena trascorso ha visto una grande crescita delle relazioni russo-cinesi sui più svariati campi, nonché una armonia di vedute su questioni cruciali di politica internazionale. Tuttavia molto vi sarebbe ancora da fare in tal senso fra i due Paesi ed è anche chiaro che ogni eventuale frizione o squilibrio nelle reciproche relazioni può essere sfruttato, se non favorito, dagli USA, al fine di inserirsi con più decisione nel “grande gioco” dell’Asia Centrale e minare quella Cooperazione che oltre Atlantico è sicuramente percepita come capace di minare seriamente gli interessi statunitensi in Asia.

Altri ostacoli dovranno essere superati in vista di un possibile allargamento del numero degli Stati membri. Da India e Pakistan sono più volte giunte dichiarazioni di entusiasmo in merito alle potenzialità dell’Organizzazione e ad una possibile adesione alla stessa. V’è da dire che in seno alla stessa OCS si sono presentate occasioni di distensione delle relazioni indo-pakistane (12), la qual cosa può indurre ad un certo ottimismo sulle possibilità di armonizzazione dei rapporti inter-statuali all’interno della Cooperazione, ma un simile problema necessita di soluzioni stabili per procedere ad un’integrazione effettiva. Molto importante per l’ampliamento dell’Organizzazione è anche la ricerca di una fiducia nelle relazioni indo-cinesi; il Paese del Gange continua infatti a farsi portavoce di una configurazione multipolare nelle sedi del BRIC(S) e della stessa OCS ma percepisce la realtà cinese come una minaccia e – anche come reazione alla stessa – ritrova una solida sponda negli USA (13).

Altra importante sfida è quella afghana. All’indomani dalla sua costituzione, i Paesi dell’Organizzazione hanno dovuto fronteggiare l’ondata di destabilizzazione regionale nata dal conflitto in Afghanistan e dalla conseguente massiccia ripresa dei traffici di droga e delle attività di gruppi armati radicali. Come accennato, la SCO ha cercato di affrontare il problema afghano con la creazione di un apposito ente per le relazioni SCO-Afghanistan ed anche coinvolgendo il Presidente Karzai negli incontri dell’Organizzazione. Il contributo della SCO alla risoluzione della questione afghana potrebbe conferire ulteriore autorevolezza all’Organizzazione, dimostrandone la capacità di agire efficacemente nella risoluzione di crisi regionali. Al momento però non c’è ancora una seria alternativa regionale alla gestione occidentale della crisi, pur con i fin troppo evidenti limiti di  quest’ultima.

Vi è comunque una univoca consapevolezza delle potenzialità della SCO che porta spesso a grandi aspettative nei Paesi asiatici coinvolti ed in apprensioni in quelli dell’orbita occidentale. Le grandi possibilità offerte dalla massa territoriale e dalle risorse umane, materiali ed energetiche dei Paesi gravitanti attorno alla SCO sono spesso ribadite anche in sede ufficiale (14). D’altro canto, proprio alla luce del pericolo attuale e potenziale per gli interessi e l’egemonia occidentali con la crescita dell’OCS, devono leggersi  gli auspici di autorevoli analisti e strateghi occidentali nel cercare un proficuo dialogo fra istituzioni atlantiche e l’OCS (15).

Per concludere, sembra opportuno ricordare alcune riflessioni del Generale Ivashov sull’Organizzazione. Ivashov ricorda come il rafforzamento della SCO dimostri la fallacia delle teorie di Hungtington sull’inevitabilità di uno scontro di civiltà, nella misura in cui la SCO racchiude realtà statuali dalla più svariata matrice culturale, religiosa ed etnica.
Nello stesso scritto, le considerazioni del Generale trascendono valutazioni d’ordine strategico e geopolitico per approdare a concezioni che potremmo definire d’ordine metapolitico, affermandosi che uno degli scopi dell’Organizzazione è “stabilire un secondo polo di potere globale che si basi su una filosofia di vita e un atteggiamento verso l’esterno diversi da quelli occidentali, un polo che consideri maggiormente prioritari valori spirituali e morali e l’attenzione al collettivo” (16). I concetti espressi da Ivashov sono spesso riproposti in diversa forma da politici, analisti e pensatori dell’area, a voler rimarcare una specifica weltanshauung. Ci si chiede se simili dichiarazioni restino mere espressioni ‘idealistiche’ o se invece non stiano già assumendo, come diversi segni lasciano pensare, l’importante valenza politica di creazione di un collante ideologico fra i Paesi dell’area, basato sulle specificità culturali degli stessi in contrapposizione ai modelli culturali e di sviluppo occidentali.

1) Convenzione di Shanghai per la lotta al terrorismo, al separatismo e all’estremismo (2001).

2) Hamid Golpira, “Iran smoke screen”, Teheran Times, 20 novembre 2008.

3) “SCO Calls For Deadline On U.S. Presence In Central Asia”, Radio Free Europe, 5 luglio 2005.

4) Dilip Hiro, “Shanghai surprise”, The Guardian,16 giugno 2006.

5) “La Sco apre a India e Pakistan, ma non all’Iran”Asia News, 12 giugno 2010.

6) David Wall, “The Shanghai Cooperation Organisation, a New Military Alliance?”, Alworth Institute, 10 novembre 2006.

7) Lorena Di Placido (Direttore della ricerca), “Il ruolo della SCO nella cooperazione regionale in Asia Centrale”, Difesa.it, 2009.

8 ) Julie Boland, “Learning from the Shanghai Cooperation Organization’s ‘Peace Mission-2010’ Exercise”, The Brookings Institution, 29 ottobre 2010.

9) “La Shanghai Cooperation Organization, più forte militarmente, politicamente meno stabile”, Voltaire Net, 30 settembre 2010. Nella nota, si insinuerebbe anche il dubbio di una seria volontà politica russa di lungo termine nell’Organizzazione, anche a causa della “convivenza esplosiva all’interno del governo russo”.

10) “Shanghai Cooperation Organization (SCO)”, Alphabric.

11) “Russia Calls On SCO To Replace Dollar In International Trade”, Global Research, 16 giugno 2009.

12) v. nota n. 7.

13) A titolo di mero esempio, sulla rivalità indo-cinese per il controllo dell’Oceano Indiano, v. Alfredo Spartaco Puttini, “La Cina, il mare e gli Stati Uniti: l’antagonismo navale sino-americano”, Eurasia, 3/2010.

14) Come ha dichiarato, ad esempio, il Presidente del Kazakistan al summit di Astana del 2005: “I leader degli Stati che siedono a questo tavolo di negoziazioni sono i rappresentanti della metà della popolazione umana”.

15) Zbigniev Brezinski, “NATO and World Security”, International Herald Tribune, 20 agosto 2009.

16) Leonid Ivashov, “Heartland Expanding, or The Shanghai Cooperation Organization”, Strategic Culture Foundation, 8 gennaio 2008.


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