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XLVII – L’isola e il continente

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Mentre l’Inghilterra – la schmittiana “nave pirata” staccatasi dalla terraferma – è una portaerei americana appostata sul fianco dell’Europa, la Germania è il cuore del subcontinente europeo. Il suo compito geopolitico – disatteso per l’inettitudine della sua classe politica ma sempre paventato dall’Angloamerica – non consiste nel perseguire obiettivi puramente “nazionali”, ma nel coinvolgere gli altri paesi europei in un progetto comune di vera unificazione politica.

Descrizione

DOTTRINA GEOPOLITICA

I primi saggi del giurista tedesco Carl Schmitt riguardanti in maniera specifica il diritto e la politica internazionale risalgono alla seconda metà degli anni Venti. In essi l’autore si occupa della questione della Renania, dell’ordine internazionale scaturito dal Trattato di pace di Versailles e della Società delle Nazioni. Sebbene tali saggi siano da collocare in un momento storico ben preciso, ovvero quello immediatamente successivo all’invasione della Renania da parte delle truppe di Francia e Belgio nel 1923 (fatto che coinvolge personalmente Schmitt), essi possono essere definiti come il vero e proprio punto di partenza di una riflessione internazionalistica che va ben al di là di quella specifica contingenza storica e, dunque, non possono essere affatto considerati come semplici scritti occasionali.

DOSSARIO: L’ISOLA E IL CONTINENTE

Mentre la nuova amministrazione statunitense tende ad improntare le relazioni commerciali ad accordi bilaterali, secondo una tendenza economica che si configura come protezionistica e che storicamente si è affermata in una stagione di chiusura politica e commerciale come quella del ventennio interbellico del secolo passato, nella porzione europea del blocco atlantico la competizione anglo-tedesca, nuovamente affermatasi col “Brexit”, non accenna a ridursi e continua ad addensare ombre sul futuro del Vecchio continente. Quest’ultima emergente rivalità, praticamente una costante da più di un secolo, fa il paio con un’altra frattura nel blocco occidentale, quella tra Berlino e Washington.

Da quando i cittadini britannici hanno optato di abbandonare l’Unione Europea, il dibattito pubblico non ha oltrepassato i termini di una generica condanna di tale scelta, evitando così di soffermarsi sulle motivazioni geopolitiche che l’hanno determinata. La politica estera inglese, infatti, si muove secondo chiare linee direttrici, rappresentabili dal grafico dei tre cerchi, talvolta intersecantisi, talvolta concentrici. Di qui emerge in maniera evidente quell’eccezionalismo inglese che viene chiamato Britishness.

L’Unione Europea ha visto lungo gli anni una costante espansione, senza particolari casi di ridimensionamento, ma grazie al cosiddetto Brexit, per la prima volta, l’UE rischia di andare incontro ad un forte ridimensionamento geografico. Tale fatto non solo è possibile politicamente, ma anche giuridicamente, vista l’esistenza dell’art. 50 del Trattato sull’Unione Europea, grazie al quale, in base a un macchinoso iter, viene legittimata la recessione dall’Unione per qualsiasi Stato membro.

Una confederazione tra Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda sembra essere l’utopia di alcuni nostalgici incalliti dell’impero britannico. Tuttavia, in considerazione dei forti legami storici e culturali tra questi quattro Paesi, degli interessi strategici comuni e dei mai completamente rescissi legami istituzionali, il CANZUK sembra essere la risposta più adeguata ai dibattiti post-Brexit in una fase chiave per il futuro del Regno Unito. La scarsa conoscenza dell’idea tra il vasto pubblico resta però al momento un forte limite all’attuabilità di un progetto che pure ha il potenziale per riscuotere vasti consensi.

Oltre al Regno Unito, quattro Paesi mantengono la Union Jack nella loro bandiera nazionale. Una scelta indicativa di una non completa decolonizzazione, e non a caso sono in molti a ritenerla un anacronismo poco consono per un Paese indipendente. Il recente referendum in Nuova Zelanda, tuttavia, dimostra come in questi Stati esista ancora una maggioranza che riconosce una grande importanza ai residui legami con Londra.

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“Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani”, ha dichiarato Angela Merkel dopo il G7 dello scorso maggio. Ma se l’incompatibilità tra Unione Europea a guida tedesca e Stati Uniti dell’Amministrazione Trump sta divenendo sempre più evidente, non è ancora chiaro se esista a Berlino un progetto alternativo a quello atlantista. L’esercito europeo, più volte evocato, sembra pian piano diventare realtà: sarà davvero autonomo dalla NATO o si tratterà di un’altra appendice militare controllata da Washington per bloccare sul nascere qualsiasi tentativo del Vecchio Continente di divenire sovrano?

Il teatro vicino-orientale non nasce alle cronache geopolitiche come oggetto di contesa imperiale e imperialistica solo al mondo contemporaneo. L’area fu contesa tra gli imperi britannico e tedesco sin dai prodromi della guerra civile europea 1914-1945, con la massiccia espansione coloniale britannica nelle Indie orientali e l’unificazione tedesca del XIX secolo. Il confronto tra i due imperi nell’area è poco indagato dalla letteratura come sistema specifico di fatti storici, data la netta preferenza per l’analisi della competizione franco-britannica o per la riduzione del tutto al contesto delle contese coloniali, ignorando implicazioni geopolitiche più vaste. Tesi di questo articolo è che la contesa per il Vicino Oriente tra l’Impero britannico e la Germania presenti l’eterno scontro fra la potenza marittima e quella terrestre. Concentrarsi sul Vicino Oriente significa prendere in considerazione un’area cruciale, non tanto e non solo per le risorse energetiche, ma anche e soprattutto in quanto, oltre ad essere lo snodo fra tre continenti e fra Mediterraneo ed Oceano Indiano, il Vicino Oriente costituisce il cardine del cosiddetto “Rimland”, ossia della vastissima area costiera che circonda l’Eurasia. Secondo il geopolitico statunitense Nicholas Spykman, chi controlla quest’area costiera, può isolare il blocco continentale senza doverlo necessariamente invadere.

DIBATTITO

Vi sono pochi dubbi che tanto l’euro-atlantismo dell’UE quanto il narcisismo identitario che caratterizza i vari movimenti o partiti “populisti” del Vecchio Continente siano i maggiori ostacoli che oggi si frappongono alla creazione di un autentico grande spazio europeo. In una prospettiva geopolitica “realista”, è ovvio quindi che la difesa della sovranità nazionale dovrebbe essere in funzione di una ridefinizione dello stesso Stato nazionale come necessaria “cerniera geopolitica” tra le comunità locali e le istituzioni di una Confederazione Europea basata sul principio di sussidiarietà.

La crisi che ha colpito la maggior parte dei paesi europei, le cui cause principali sono da ricercare tanto nelle politiche di austerità decise da Bruxelles, quanto nell’afflusso massiccio di immigrati extraeuropei, ha indotto diverse forze politiche, sia di destra sia di sinistra, ad accarezzare l’idea di farla finita col processo di integrazione europea per recuperare la dimensione dello Stato nazionale. In un mondo dominato da entità politiche di dimensioni continentali, una tale prospettiva non appare realistica; perciò, se vogliono sopravvivere, e non essere fagocitati dalle grandi potenze, i paesi europei devono trovare una forma di unità politica sovranazionale che ricalchi, in qualche maniera, il modello imperiale.

In un’epoca in cui la dimensione necessaria per la vera sovranità, indipendenza ed autosufficienza di uno Stato supera ampiamente la dimensione dello Stato nazionale, l’Europa potrà acquisire una autentica sovranità soltanto se sarà in grado di riscoprire il modello imperiale, garanzia di unità geopolitica e di salvaguardia del suo carattere plurietnico.

CONVEGNI

Le relazioni internazionali tra la Russia e l’Unione Europea hanno subito un drastico cambiamento a seguito della crisi ucraina con evidenti ripercussioni economiche e finanziarie in Italia. Negli ultimi anni il continente europeo ha assistito allo scontro mediatico ed ideologico che ha contrapposto l’Unione Europea alla Federazione Russa giungendo ad uno status di stallo che influisce negativamente su entrambe le parti favorendo invece attori esterni. Questi temi sono stati al centro della Terza Conferenza Internazionale “Trasformazione delle relazioni internazionali nel XXI secolo: sfide e prospettive” che a fine aprile si è svolta presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, dove, tra le diverse tematiche, ampio spazio è stato dato alle prospettive future delle relazioni italo-russe a seguito della Brexit, con l’auspicio che gli ostacoli tra Roma e Mosca vengano superati da un “pensiero comune” che conduca al dialogo ed al miglioramento delle relazioni.

Nella capitale del Kazakhstan ha avuto luogo la decima edizione del Forum Economico di Astana, un evento di risonanza internazionale dedicato ai temi della macroeconomia, della finanza globale e dei megaprogetti, una rampa di lancio puntata verso il XXI secolo, in direzione dell’”economia verde” e delle energie sostenibili.   

DOCUMENTI

Da “Lo Stato”, XI (1940), pp. 309-321. – “Eurasia” ha già ripubblicato i seguenti articoli di Carl Schmitt, apparsi in italiano negli anni Trenta e Quaranta: L’idea di impero nel diritto internazionale (1941), “Eurasia”, 1/2013, pp. 31-40; Il mare contro la terra (1941), “Eurasia”, 2/2017, pp. 155-158; Il concetto di “pirateria” (1938), “Eurasia”, 2/2017, pp. 161-164.

Questo articolo, scritto nel 1942 e apparso in Deutschland-Frankreich nel1943, è stato ripubblicato in: Pierre Drieu la Rochelle, Le Français d’Europe, Ars Magna, 2017. Dello stesso Autore, si veda Nuova patria, l’Europa, in “Eurasia”, 2/2017.

Da “La Nazione Europea”, luglio-agosto 1967, p. 4.  L’articolo era già apparso in francese su “La Nation Européenne” n. 17, maggio-giugno 1967, p. 26.

 Questo Manifesto è stato stilato e sottoscritto il 27 maggio 2017 a Chișinău (Repubblica di Moldavia) dai partecipanti alla Conferenza Internazionale « Dall’Atlantico al Pacifico: per un destino comune dei popoli eurasiatici », intellettuali provenienti da Moldavia, Romania, Russia, Grecia, Francia, Italia, Serbia, Georgia e Belgio.

RECENSIONI E SCHEDE

Domenico Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere (Davide Ragnolini)

Johann von Leers, L’Inghilterra. L’avversario del continente europeo

Claudio Mutti, Hungarica. Incursioni nel mito e nella storia dei Magiari

Aldobrandino Malvezzi, L’Islamismo e la cultura europea (Adelaide Seminara)

Giacomo Gabellini, Israele. Geopolitica di una piccola, grande potenza (Stefano Vernole)

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