L’esportazione dei modelli giuridici europei nel mondo islamico

Uno dei principali frutti del colonialismo europeo nel mondo, ed in particolare nell’area compresa tra l’Africa settentrionale e l’Asia sudoccidentale (cosiddetto mondo islamico), è l’influenza dei due principali filoni giuridici (Common law e Civil law) in questa realtà eterogenea. A seconda dell’influenza esercitata dai governi europei sui vari Paesi islamici, quella nazione e quegli ordinamenti hanno assimilato le tradizioni giuridiche del sistema europeo. Ad esempio nei Paesi colonizzati dalla Francia (Marocco, Algeria, Tunisia) prevalgono le influenze di Civil law, mentre nei Paesi assoggettati dall’Inghilterra, ha prevalso il Common law. In altri contesti invece, non ha prevalso l’influenza del Paese colonizzatore o egemone, ma vi è stata la volontà di seguire alcuni giuristi o scienziati del diritto, piuttosto che centri scientifici o universitari. Ad esempio nell’Iran dell’epoca Qajaride (fine Ottocento primi Novecento), pur essendovi l’influenza politica ed economica inglese, si è imposta una cultura giuridica francese, in base al fatto che molti studenti iraniani, si recavano a Parigi per completare i propri studi, assimilando i meccanismi tipici di Civil law, piuttosto che quelli di Common law. Ancora oggi alcuni istituti, soprattutto nell’ambito del diritto civile e commerciale, nei codici iraniani, sono ripresi dalle leggi transalpine. La prima Costituzione approvata in Iran, nei primi anni del Novecento, subì una forte influenza dall’ordinamento francese e belga, pur essendo comunque a grandi linee di matrice islamica sciita. Nell’Impero ottomano prima, e nella Turchia poi, fu importante invece l’influenza del BGB tedesco (Codice civile). D’altronde in questi Paesi vi era radicata una cultura giuridica autoctona (“fiqh”, diritto islamico, nelle sue diverse forme, principalmente hanafita, malikita, shafiita e hanbalita per i sunniti e jafarita per gli sciiti), portando spesso a una sintesi tra gli ordinamenti europei e quelli indigeni.

I rapporti tra il mondo occidentale e il mondo islamico sono sempre stati al centro dell’analisi degli studiosi e degli intellettuali di ambo le culture. Ciò principalmente per la vicinanza geografica dei due mondi, rappresentati rispettivamente dal Nord America e dall’Europa per l’Occidente, e dall’Africa e dall’Asia per l’islam. Ovviamente questo non vuol dire che tutta l’Europa sia “bianca e cristiana” e che tutta l’Africa e l’Asia siano musulmane. In realtà, nel cuore dell’Europa vi sono importanti comunità islamiche, sia rappresentate da Stati “più o meno” nazionali (Bosnia, Albania, Kossovo), sia per la presenza di forti minoranze di religione islamica in Stati a maggioranza cristiana (Macedonia), ma anche per le recenti migrazioni di popoli afro-asiatici oltre il Mediterraneo. Lo stesso dicasi a parti inverse, ovvero in Africa, dove la componente musulmana è maggioritaria nel nord del “Continente nero”, mentre a sud la situazione è diversa. In Asia invece, l’islam è maggioritario dal Mar di Marmara fino al Turkestan cinese, dal Sinai fino all’Indonesia e dall’Asia centrale e dal Caucaso fino al Pakistan e al Bangladesh. Nel resto del continente, principalmente l’India e l’Estremo Oriente, la componente musulmana è minoritaria. Il confine geografico principale quindi tra l’Occidente e l’islam è il Mar Mediterraneo; questo “limes” naturale tra “noi” e “loro” rappresenta un punto di incontro (ma anche di scontro) per due delle principali civiltà oggi conosciute. Volendo però valutare l’importanza dei rapporti tra due civiltà, oltre le questioni culturali, bisogna valutare attentamente anche i fattori economici, religiosi, costituzionali e politici, e l’evoluzione storica che ha portato alla situazione attuale in cui, e purtroppo i notiziari ce lo ricordano tutti i giorni, i Paesi mediterranei e vicinorientali sono in preda a guerre e conflitti, sia per motivi interni, sia per le mire di alcune potenze extraregionali riguardo all’egemonia nella regione del “Grande Medio Oriente”. D’altro canto, la cosiddetta “Primavera araba”, ha dato ulteriore risalto al mondo arabo-islamico, soprattutto per ciò che riguarda i movimenti politici di questi Paesi. Così, sentiamo parlare di “islamisti”, “salafiti”, “liberali”, “laici”, “nazionalisti” in un contesto particolare senza renderci bene conto di cosa sono veramente questi movimenti, e soprattutto quale sia stata la loro origine ed evoluzione storica. Infatti, tutte le ideologie e i movimenti più importanti presenti nel panorama del cosiddetto Medio Oriente, nascono nell’Ottocento, principalmente come risposta al colonialismo anglo-francese, iniziato, nella sua forma “avanzata”, con l’avventura napoleonica in Egitto nel 1798. “Napoleone intendeva stabilire con quell’intervento, una base a Suez, dalla quale disturbare il traffico marittimo dell’Inghilterra verso le colonie asiatiche, principalmente l’India. L’incontro tra la moderna macchina da guerra francese e l’arretrata società egiziana fu un trauma per i musulmani, non solo in Egitto, ma in tutta la regione” (1), scrive a proposito Karen Armstrong. Quell’incontro, o per meglio dire quello scontro, tra l’Occidente e il mondo islamico rappresentò, suo malgrado, l’inizio di un dibattito tra gli intellettuali, i giuristi e gli studiosi di ambo le culture, per trovare da un lato i motivi dell’arretratezza sociale del mondo afro-asiatico, e d’altro canto per provare a dare delle risposte propositive per lo sviluppo del Medio Oriente. Le radici storiche dei movimenti sociali e costituzionali di questi ultimi tempi, vanno ricercate quindi nel XIX secolo. Capire la storia dei movimenti politici e costituzionali del mondo islamico ci aiuta a capire meglio i rapporti tra Occidente e islam, non solo per il passato, ma anche e soprattutto per il presente e il futuro.

Due tendenze costituzionali generali: islamismo e laicità

Le ideologie politiche e costituzionali del mondo islamico possono essere divise in due grandi famiglie: quella del fondamentalismo islamico o islamismo, e quella delle correnti laiche. Ovviamente all’interno di questi filoni vi sono diversi orientamenti, anche antitetici tra di loro. Questa infatti è una schematizzazione per uno studio scientifico, non un’analisi dettata da questioni pratiche. Altrimenti non si capirebbe perché nel contesto attuale, ma non solo, troviamo coalizioni politiche nei Paesi musulmani che riuniscono laici e islamisti, alleati tra di loro contro altri laici ed islamisti. Non bisogna dimenticare mai che teoria e pratica non sempre vanno d’accordo. Comunque, tornando allo schema generale, alcune delle caratteristiche che accomunano i movimenti costituzionali islamisti e quelli laici sono: la volontà di trovare una soluzione all’arretratezza economica e sociale del mondo musulmano rispetto all’Occidente, la promozione dello sviluppo scientifico, il consolidamento di istituzioni moderne, l’opposizione al colonialismo straniero. Le caratteristiche peculiari dell’islam politico in una prospettiva di diritto costituzionale sono: la coincidenza tra religione e politica, o quantomeno la non contrapposizione tra i due fattori, la volontà di creare uno Stato in base ai principi generali del diritto islamico, la tendenziale unità di tutti i Paesi islamici, il rifiuto del nazionalismo e del socialismo, anche in ambito giuridico. D’altro canto alcune caratteristiche salienti del pensiero laico, fortemente influenzato dal costituzionalismo europeo, nel mondo musulmano sono: divisione tra islam e politica, Stato laico e nazionalismo.
Nel mondo islamico di oggi, e soprattutto nel Medio Oriente, i modelli di riferimento possono essere ricondotti a quattro: l’Arabia Saudita, l’Egitto, l’Iran e la Turchia.

Arabia Saudita

Questo Paese è retto da un sistema teocratico, nel quale lo Stato è legittimato da Dio, dove il popolo ha un ruolo pressoché nullo per le attività politiche. Il Re è il capo dello Stato, ma anche capo del governo, e il Consiglio dei ministri è una sorta di assemblea famigliare della Casa reale, in quanto i ministri sono tutti parenti del sovrano. Il modello saudita si autodefinisce salafita, ovvero basato su una sorta di islam della “prima ora”, “puritano”, che rifiuta le “innovazioni” apportate dai giurisperiti islamici lungo i secoli. Nel mondo islamico attuale, questo è un modello di riferimento, per alcuni gruppi wahabiti e salafiti, che hanno accresciuto la loro influenza soprattutto negli ultimi anni, grazie al caos imperante nella regione.

Egitto

Questo sistema si basa su una sorta di coabitazione tra principi democratici e islamici. La Costituzione egiziana infatti, prevede la legittimazione democratica delle istituzioni, ma vi è anche una norma che prevede apertamente il diritto islamico come fonte principale dell’ordinamento statuale; inoltre, secondo la carta costituzionale egiziana, l’islam è la religione di Stato. Infatti al riguardo possiamo citare l’art. 2 della Costituzione del 1971, così come riformata nel 1980 e che poi è rimasta invariata dopo la cosiddetta “Primavera araba”, che definisce senza mezzi termini l’islam religione di Stato, la lingua araba lingua ufficiale e i principi della “sharia” (la legislazione islamica) fonte principale del diritto della Repubblica. Prima della recente modifica costituzionale, che sembra aver reso più “islamico” il sistema, anche la Siria era dotata di una Costituzione non dissimile da quella egiziana. Infatti ancora oggi, la Costituzione siriana prevede la legittimazione popolare delle istituzioni, ma con la precisazione che il Presidente della Repubblica deve appartenere alla religione islamica, senza dimenticare anche il fatto che il diritto islamico è comunque la fonte principale dell’ordinamento. Questo modello sembra diventare progressivamente quello più diffuso nel Nord Africa, una sorta di sintesi demo-islamica, che recentemente è stata recepita dalla Tunisia, anche se poi, ogni nazione parafrasa questi concetti a modo suo (2).

Iran

La Repubblica Islamica dell’Iran, è una forma di Stato “sui generis”, in quanto questo Paese, al contrario degli altri esaminati, è a maggioranza assoluta sciita, e non sunnita. Ciò è evidente anche nella forma di governo, caratterizzata per un modello che alcuni definiscono “democrazia religiosa” (in persiano “mardomsalari-e dini”). Il Paese è retto da un sistema dove ci sono elezioni, ma le norme dello Stato non possono essere in contraddizione rispetto ai canoni del diritto islamico sciita. Il capo dello Stato è un sapiente religioso, ma il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale ogni quattro anni. Questo modello è ufficialmente seguito da alcuni movimenti politici del mondo sciita, soprattutto tra alcuni partiti iracheni e tra il movimento libanese Hezbollah, che nel suo statuto, richiede ai propri membri l’adesione al principio del governo islamico, così come delineato dalla Costituzione iraniana (teoria del governo del giurisperito islamico, in arabo “Wilayat al-Faqih”, che si concretizza nell’ubbidienza politica alla Guida Suprema della Rivoluzione, ovvero nel contesto attuale all’Ayatollah Ali Khamenei). Il modello iraniano è a legittimazione divina, ma prevede in concreto dei meccanismi, per ciò che concenre i rapporti tra i poteri dello Stato, simili alle democrazie, con un governo e un parlamento eletti direttamente dal corpo elettorale.

Turchia

Il modello turco è l’unico veramente laico del Medio Oriente; infatti, nella Costituzione della Repubblica turca, non vi è alcun richiamo alla religione islamica, sia per ciò che riguarda la religione di Stato, sia per ciò che concerne un’eventuale influenza del diritto islamico. Quello turco è indubbiamente il modello più influenzato dai modelli europei, essendo tipicamente laico, se non addirittura laicista, viste alcune evidenti discriminazioni religiose che subiscono i fedeli musulmani in quel Paese, anche se il governo Erdogan è riuscito a ridimensionare fortemente certi atteggiamenti, come il divieto delle donne di portare il velo in certi uffici pubblici. Paradossalmente, un fedele musulmano è più libero di professare la propria fede in un Paese cattolico come l’Italia, che non in uno musulmano come la Turchia. Il modello turco poi si caratterizza per un sistema con forti poteri da parte del Primo Ministro, ma comunque limitati dal parlamentarismo, influenzato a sua volta da una legge elettorale proporzionale con un’altissima soglia di sbarramento, che di fatto pregiudica l’ingresso in parlamento di molte forze politiche, anche se questa soglia di sbarramento, sembrerebbe garantire una certa stabilità ai governi turchi, soprattutto quelli dell’ultimo decennio. Alcuni movimenti islamisti del Nord Africa, hanno detto di rifarsi al modello turco, ma la realtà sembra essere diversa; i Fratelli Musulmani nordafricani e gli altri movimenti simili come Ennada in Tunisia, dal punto di vista istituzionale, sembrano più interessati al modello neo-egiziano, una sintesi di democrazia e islam, che non a quello completamente laico della Turchia, anche se, è bene ricordarlo, la forte instabilità regionale e la salita al potere del generale El-Sisi in Egitto, potrebbero nuovamente cambiare le carte in tavola. La geopolitica dei modelli istituzionali del Medio Oriente si rivela, esattamente come gli altri ambiti concernenti questa regione, molto instabile e soggetta a continui cambiamenti.


 

1- K. Armstrong, In nome di Dio. Il fondamentalismo per ebrei, cristiani e musulmani, Il Saggiatore, Milano, 2002.
2- Sul tema dei sistemi istituzionali e sulle legislazioni dei paesi arabo-mediterranei vedi Alessandro Ferrari (A cura di), Diritto e religione nell’Islam mediterraneo. Rapporti nazionali sulla salvaguardia della libertà religiosa: un paradigma alternativo?, Il Mulino, Bologna, 2012.

 


Fonte mappa: http://www.freeworldmaps.net/middleeast/physical.html
Copyright: Daniel Feher


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Ali Reza Jalali, laureato in giurisprudenza presso l`Università degli Studi di Brescia, ha conseguito il dottorato di ricerca in diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Verona. Attualmente insegna diritto costituzionale e internazionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Facoltà di Scienze umanistiche dell’Università Islamica di Shahrud (Iran). Presiede il Centro studi internazionale Dimore della Sapienza, di cui è anche responsabile per la sezione dedicata agli studi giuridici e politologici. Ha pubblicato numerosi saggi su “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” e nel relativo sito informatico. Nelle sue ricerche si occupa prevalentemente dei temi attinenti al diritto pubblico, al diritto internazionale, al rapporto tra Islam e scienza politica ed alle relazioni internazionali, in particolare per quanto riguarda l’area islamica.