Fonte: Rinascita, 8 aprile 2011

Partiamo da quel lontano 1 settembre 1969, quando Muammar al-Qadhdhafi prese il potere in Libia. Cosa ha rappresentato Gheddafi nella lotta antimperialista e panaraba? Cosa è divenuta nel tempo la Libia del Colonnello?
Gheddafi è stato un panarabista sincero. Nel 1972 la Libia stipulò con l’Egitto e la Siria un accordo da cui sarebbe dovuta nascere una Federazione delle Repubbliche Arabe; sforzi analoghi furono successivamente intrapresi in direzione della Tunisia, del Marocco, dell’Algeria e del Sudan, ma nessuno di essi approdò a buon fine. Nel 1989 nacque l’Unione del Maghreb (Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania), ma anche questo tentativo finì in un vicolo cieco. Ecco perché Gheddafi ha voltato le spalle agli Arabi e si è rivolto verso l’Africa.

Quali sono gli scopi dell’intervento imperialista? Qual è il ruolo della Francia e del suo presidente guerrafondaio nel vile attacco alla Libia?
A parte i motivi di bottega elettorale e le sollecitazioni lobbistiche che hanno indotto lo gnomo dell’Eliseo a trascinare la Francia in questa avventura, l’aggressione congiunta anglo-franco-statunitense, oltre a perseguire l’accesso alle fonti energetiche libiche, mira a garantire alle potenze atlantiche il controllo totale del Mediterraneo, anche per completare da questo lato l’assedio della Russia. Rinsaldare l’egemonia atlantica nel grande lago euro-arabo diventa particolarmente vitale in un momento in cui la Turchia rialza la testa e riprende il suo ruolo storico di epicentro del mondo musulmano mediterraneo.

Quali effetti produrrà la sudditanza dell’Italia alle dinamiche di guerra per quanto riguarda il futuro rapporto con la Libia e coi Paesi dell’Africa del Nord?
La subordinazione italiana alle logiche politico-militari atlantiche peserà in maniera disastrosa sui futuri rapporti dell’Italia con tutto il mondo arabo. La violazione del Trattato di Amicizia con la Libia, appena siglato, non solo annulla tutta la politica mediterranea fatta da Andreotti e Craxi, ma rafforza ulteriormente quell’ignominioso marchio di inaffidabilità che ci portiamo addosso dall’8 settembre 1943.

Chi c’è dietro i cosiddetti “ribelli”? Quali idee, quale cultura politico-religiosa ispira i “partigiani” del CLN di Bengasi?
Non è più un mistero per nessuno il fatto che la sedizione tribale sia stata ispirata, istruita e attivata dall’Inghilterra, la quale non ha mai digerito di essere stata estromessa dalla Libia, rimasta suo protettorato fino al 1 settembre 1969. Non è un caso che i cosiddetti “partigiani della libertà” abbiano fin da principio inalberato la bandiera della monarchia collaborazionista abolita da Gheddafi. La cultura politico-religiosa predominante nelle file dei sediziosi è degnamente rappresentata dalla grottesca figura dell’erede al trono di Libia, che ha studiato economia negli
Usa e si proclama orgogliosamente “liberal”.


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).